martedì 30 giugno 2015

Rate Parity: la fine è vicina?

Il Parlamento francese pare deciso ad andare fino in fondo nella lotta contro le OTA, e Federarberghi potrebbe seguire la stessa strada

Rate Parity: siamo allo scontro finale. E nonostante la forte resistenza delle OTA, questa volta la fine potrebbe essere davvero vicina. Lo scorso 18 giugno, infatti, ‘Assemblea Nazionale d’Oltralpe si è attivata per chiedere la cancellazione della clausola sulla rate parity dai contratti tra OTA e hotel francesi. Se le prime non si adegueranno, rischieranno multe fino a 150.000 euro. Il Ministero dell’Economia ha dichiarato che la nuova legge sarà votata entro il 14 luglio e promulgata entro la fine di agosto. Molto critico, come prevedibile, il commento di Booking.com: “[L’approvazione della legge] promuoverebbe una liberalizzazione delle tariffe che rischia di portare a una aspra guerra dei prezzi, opaca, che colpirebbe i margini degli hotel e infine l’intera offerta.”
E qui da noi? A quanto pare la nostra Federarberghi non è stata a guardare ed ha presentato al TAR del Lazio un ricorso per ottenere la completa abolizione della Rate Parity.
Nel frattempo, Federalberghi invita i consumatori a contattare direttamente le strutture: il modo migliore per evitare la Rate Parity ed ottenere le tariffe più basse fin da subito, dopotutto, resta questo.

Inbound marketing: cos’è e come farlo

Costituito dall’insieme delle tecniche utilizzate per farsi trovare dai potenziali clienti, è la frontiera odierna del social media marketing

Il termine suona un po’ esotico ai non addetti ai lavori, ma per chi è “sempre sul pezzo” si tratta del tormentone dell’anno: parliamo dell’imboud marketing. Di cosa si tratta? A prima vista, niente di nuovo: il termine indica una modalità di marketing imperniata sulla capacità di farsi trovare spontaneamente dai potenziali clienti mediante l’intercettazione dei loro desideri\bisogni, e non più tramite meri messaggi promozionali come nel marketing tradizionale. Come dicevamo, non sembra nulla di rivoluzionario. Ma il modo in cui l’insieme di tecniche ormai mature viene oggi miscelato utilizzando SEO, analisi della domanda (consapevole e latente), definizione del target, social media marketing e ottimizzazione del sito ai fini di engagement, fa la differenza. Vediamo nel dettaglio come funziona.
Partiamo da una considerazione preliminare: i messaggi pubblicitari classici funzionano sempre meno perché gli utenti ne sono sempre più bombardati (anche sui social), il livello di attenzione scende continuamente e la saturazione delle bacheche avviene sempre prima. L’inbound marketing ribalta la questione: non si parte più in quarta “strillando” la propria mercanzia al potenziale cliente, ma si fa in modo che sia lui a trovarci, perché naturalmente attratto da ciò che stiamo offrendo.
Come ogni piano di marketing, anche quello basato sull’inbound, per essere efficace, parte da una definizione il più possibile precisa del target di riferimento mediante l’analisi della domanda. Abbiamo visto in passato quali sono gli strumenti per analizzare sia quella consapevole che quella latente . Di particolare rilevanza è poi capire quali sono gli spazi on line dove i potenziali clienti si riuniscono per parlare tra di loro: blog, forum, Pagine e Gruppi su Facebook, altri social network.
L’analisi del comportamento del potenziale cliente nel suo “ambiente naturale” dev’essere il più possibile accurata: è bene mettersi all’ascolto per carpirne bisogni, problemi e desideri. Soltanto dopo questa fase, mediante l’utilizzo delle corrette parole chiave, è opportuno incominciare a divulgare i propri contenuti sul sito, sul blog, sui social, sulle landing page. Il segreto e restare sempre customer oriented, porsi quindi come soluzione ad un problema o soluzione ideale per la realizzazione di un desiderio. Il ricorso a campagne promozionali è senza dubbio auspicabile per aumentare il pubblico dei propri messaggi: avendo definito target, bisogni e parole chiave, effettuarne di efficaci non dovrebbe a questo punto costituire un grosso problema. Non meno importante è avere un sito user friendly (anche da mobile), rapido nel caricarsi e dotato di call to action efficaci, soprattutto nel caso di landing page.
Come si è visto, insomma, nulla di rivoluzionario: semplicemente, il naturale trascorrere del tempo ha reso alcune tecniche di social media marketing più mature e ne permette oggi un utilizzo più consapevole, volto ad accrescere l’efficacia della promozione on line della propria attività.

martedì 23 giugno 2015

Instagram Marketing, i consigli di una Instagramer

Autrice di un manuale per l’uso professionale del social delle immagini, Ilaria Barbotti dà alcuni consigli su come utilizzarlo per promuovere la propria attività

E’ il social più di tendenza, più utilizzato dai giovani e soprattutto che mette al centro le vere protagoniste della comunicazione 2.0: il successo di Instagram è sotto gli occhi di tutti, ed è normale che anche chi ha un’attività o gestisce una piccola struttura ricettiva cerchi di fare social media marketing sul social delle immagini in stile Polaroid.
Già, ma siamo sicuri di farlo al meglio? Ci viene a dare una mano Ilaria Barbotti, fondatrice della prima e unica community di Instagramers d’Italia (collegata a quella internazionale) nonché autrice del volume “Instagram marketing. Immagine, brand, community, relazioni per turismo, eventi” (Hoepli, 2015).
Secondo Ilaria, quando si comunica per immagini, si racconta innanzitutto sé stessi. Su Instagram occorre quindi individuare i tratti distintivi, unici della propria attività, e catturarli con uno scatto. Soffermarsi sugli attimi, sui dietro le quinte, sui volti di chi lavora in azienda.
Instagram è poi l’ideale per lanciare un evento. Tramite l’ideazione di un hashtag ad hoc, il coinvolgimento della community e la creazione di hype pre-evento, magari tramite un gioco a premi, si possono ottenere risultati insperati, a budget zero o quasi.
Uno degli strumenti che meglio funzionano per far parlare di sé su Instagram è ovviamente il challenge fotografico. Individuare un tema legato ad un tag specifico e catturata l’attenzione della community (e magari di qualche influencer), il gioco è fatto.
Per Ilaria, insomma, turismo e Instagram viaggiano di pari passo. E per quanto riguarda quella parolina magica che da tempo ormai è sulla bocca di tutti, ovvero storytelling? Per Ilaria Instagram può essere uno strumento potente e molto diretto anche in questo senso, ma solo se usato davvero bene.

Facebook, i Carousel Ads arrivano su mobile

Le inserzioni multi-immagine che permettono di abbassare il costo per click e migliorare il CTR sono ora visibili anche sulle app

Che avrebbero funzionato, è stato chiaro fin da subito. Parliamo dei Carousel Ads di Facebook, ovvero dei post sponsorizzati multi-immagine (fino a 5) e multi-link, in grado di rimandare a diverse sezioni del sito tramite la stessa inserzione. Utili per mettere in vetrina contemporaneamente più prodotti o promozioni, i Carousel Ads permettono di abbassare notevolmente il costo per click (dal 20 al 30%), ed ancora di più i costi di conversione (dal 30 al 50%). Se si sceglie di lanciare la campagna in modalità CPM, inoltre, le immagini compariranno nelle newsfeed degli utenti in base alle performance registrate: in pratica, quelle che ottengono più interazioni compaiono per prime. Tramite Insight, infine, è possibile monitorare quali link dell’inserzione funzionano meglio, ed eventualmente correggere il tiro o cambiare l’immagine associata ad uno dei link.
Insomma, basati su immagini di grande impatto visivo (lo consigliano direttamente quelli di Facebook), i Carousel Ads possono essere rivolti con uguale efficacia sia ai propri clienti-fan (se già ne abbiamo molti), al fine di fidelizzarli o mostrare loro condizioni particolarmente vantaggiose, sia a nuovi, potenziali clienti sfruttando la raffinatezza dei tool di Facebook nel targettizzare i destinatari, anche attraverso l’analisi della domanda latente.
La novità, è che tutto questo è ora disponibile anche per mobile e per le app. Ancora una volta, sono gli stessi sviluppatori di Menlo Park a spiegarci come tutto questo può funzionare su mobile tramite una serie di case history: appare evidente come su dispositivi mobile l’immagine svolge un ruolo ancora più centrale nel catturare l’attenzione degli utenti, tanto che con il ricorso a più immagini nella stessa inserzione si può arrivare a creare un percorso di storytelling dal grande impatto visivo.
Insomma, gli strumenti che Facebook mette a disposizione degli inserizonisti sono sempre più sofisticati e raffinati. Non resta che utilizzarli per la propria attività o struttura, e stare a vedere i risultati.

lunedì 15 giugno 2015

Cookie, facciamo chiarezza

Un po’ d’ordine nel mare di dichiarazioni allarmistiche che accompagnano la nuova legge

Il panico corre sul web. E’ l’aria che si respira dallo scorso 2 giugno, quando è scaduta la proroga di 12 mesi che l’Autorità Garante per la Privacy aveva concesso per mettersi in regola con la “Cookie Law” del 2012, ovvero la normativa in materia di trattamento dei dati personali a mezzo cookie, resasi necessaria a seguito della direttiva europea del 2009.
Il punto è che la legge riguarda praticamente chiunque abbia un sito collegato ad un’attività commerciale, per quanto piccola, e che spesso brancola nel buio quando si tratta di mettersi in regola. Innanzitutto, la stessa autorità ha pubblicato un documento di chiarimenti utili a chi vuole approfondire la questione. In seguito, e nell’ottica di semplificare il più possibile la comprensione del quadro normativo, lo stesso Garante per la Privacy ha divulgato la seguente infografica.

Come si può evincere, in molti casi la presenza on line di piccole strutture o attività dovrebbe ricadere nel primi due casi (specialmente nel secondo, auspicando che si utilizzi un qualche analytics), in cui è sufficiente segnalare l’utilizzo dei cookie nell’informativa, senza il ricorso ad alcun banner. Il condizionale è però d’obbligo, in quanto al momento non c’è chiarezza su quali cookie siamo “a basso potenziale identificativo”. Su questo punto sarebbe auspicabile una maggiore precisione sia da parte del Garante, che da parte dei provider dei servizi di Anaytics.
Nel frattempo, e nel dubbio, è consigliabile chiedere consiglio al proprio web master.

Twitter, parte l’Official Partner Program

Sarà da supporto per chi fa social media marketing sul social dei cinguettii per aiutare ad aumentare visibilità, engagement e clienti

Twitter e Business, ora si fa sul serio. Lo annunciano gli sviluppatori stessi lanciando il nuovissimo Official Partner Program, il nuovo strumento a disposizione di chi fa social media marketing in 140 caratteri per aumentare l’efficacia dei propri tweet.
Sviluppato in sinergia con il Twitter Certified Program ed il Twitter Marketing Platform Partner Program, il nuovo strumento si pone l’obiettivo di aiutare aziende, professionisti ed inserzionisti in diversi modi:
- Aumentando l’efficacia delle campagne. Tramite una serie di strumenti di rilevazione e monitoraggio, sarà possibile effettuare campagne pubblicitarie mirate con un tasso di engagement superiore
- Aumentando la visibilità del brand. Il Programma aiuterà i partner a capire quali argomenti trattare, e come farlo, per attirare l’attenzione degli utenti e potenziali clienti.
- Con Insight. Tramite i Twitter Data, l’Insight sarà più completo che mai e ricco di statistiche utili a misurare le proprie performance.
- Trovando nuovi clienti. Con il ricorso ad applicazioni di terze parti, il programma promette di aiutare nella ricerca di nuovi potenziali clienti.
- Monitorando le campagne da mobile. Sarà possibile misurare i risultati che le campagne ottengono sui dispositivi mobile
Il programma è partito dai big: il primo partner ad aderire è stato IBM. Nulla però vieta di pensare che a breve questo set di strumenti sia a disposizione anche delle piccole aziende e di chi fa social media marketing su Twitter. Insomma, cinguettare potrebbe diventare sempre più efficace.

martedì 9 giugno 2015

Prenotazioni da mobile: è boom nel 2014

Una prenotazione su quattro arriva da mobile, una su due per quanto riguarda i last minute. Lo dice Hotels.com

Un autentico boom di prenotazioni on line. E’ quanto emerge dall’ultimo 2014 Hotels.com Hotel Price Index: secondo i risultati diffusi, infatti, l’anno scorso un cliente su quattro ha prenotato la propria destinazione di viaggio tramite dispositivo mobile. La percentuale sale ad un utente su due per quanto riguarda le prenotazioni last minute.
Anche Gary Morrison di Expedia, del resto, ha recentemente confermato che oltre il 20% delle prenotazioni totali vengono effettuate da smartphone, e che ogni giorno la versione mobile del sito e la app gestiscono 800 mila ricerche.
La stessa rivoluzione mobile recentemente portata avanti da Google, volta a favorire i siti mobile friendly nei risultati di ricerca, va del resto nella medesima direzione. Insomma: avere un canale di prenotazione on line che funzioni bene anche da mobile è ormai indispensabile per una struttura che voglia essere al passo con i tempi.

Google, arriva il tasto “compra”

La nuova feature potrebbe comparire già nelle prossime settimane sui dispositivi mobile negli USA

Da motore di ricerca più utilizzato al mondo, a on line store più grande del web: amazon è eBay hanno di che tremare. Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, infatti, Big G starebbe per lanciare il “buy button” sui dispositivi mobile degli utenti USA già nelle prossime settimane.
Come funziona? IL “Buy button” dovrebbe essere collegato alle inserzioni sponsorizzate, sotto all’etichetta “Shop on Google”. Cliccando sull’offerta, si giungerà ad una landing page dove sarà direttamente possibile perfezionare l’acquisto. Sempre secondo il Wall Street Journal, quelli di Mountain View starebbero implementando una vasta gamma di opzioni per l’inserimento dei dati ed il pagamento on line, al fine di rendere le procedure snelle e facili da portare a termine anche dagli schermi degli smartphone più piccoli.
Gli altri grossi store on line, come Amazon ed eBay, hanno di che tremare per via di una grossa differenza tra i loro sistemi di vendita on line e quello di Google: Big G, infatti, non tratterrà commissioni, e l’intero importo della vendita andrà all’inserzionista, che quindi dovrà pagare “solo” l’annuncio sponsorizzato (e ovviamente sta a lui far sì che questo sia efficace, mediante gli strumenti che Adwords mette a disposizione per l’analisi della domanda e la profilazione del target, come il Keyword Tool).
Avrà un qualche impatto, tutto questo, per chi gestisce la presenza on line di una struttura ricettiva, o di una piccola attività agroalimentare? Difficile dirlo. Di sicuro, però, quella che sta per arrivare da Mountian View è una rivoluzione nel mondo degli acquisti on line: conviene restare sul pezzo e non perdersi i prossimi aggiornamenti.

lunedì 1 giugno 2015

Social Network e marketing: il presente e il futuro

Il settimo Social Media Marketing Industry Report commissionato dal Social Media Examiner fotografa la situazione e fa qualche previsione

3700 responsabili marketing di varie aziende, in svariati settori, sparse in tutto il mondo. E’ questo il panel di intervistati del settimo Social Media Marketing Industry Report  commissionato dal Social Media Examiner. E ben il 92% di questi dichiara di considerare importante la presenza sui social network della propria azienda, anche se solo il 42% afferma di saper calcolare il ROI, e alla domanda “il mio Facebook marketing è efficace?” la percentuale scende ulteriormente al 36%. Insomma: il social media marketing genera entusiasmo, è facile intuirne le potenzialità, decisamente meno è saperle cogliere.
Tra i vantaggi principali, ed immediati, dell’attività social, compare l’aumento di visibilità per la propria azienda, con un annesso aumento di visite al sito. Ben il 51% del campione dichiara però di aver anche aumentato le vendite (i risultati delle risposte non sono scorporati per settore di provenienza, ma si sa che l’8% degli intervistati lavora in quello turistico).
Facebook (in primis) e Twitter sono i social di gran lunga più utilizzati, mentre Instagram è quello che sta registrando i tassi di crescita più elevati. Tra i contenuti giudicati più efficaci, i blog post, ovvero gli articoli a tema che magari rimandano al blog o al sito, e ovviamente gli onnipresenti contenuti visuali.
E per il futuro? Un po’ a sorpresa, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di voler aumentare i propri sforzi su Twitter, Linkedin (per quanto riguarda il B2B) e Youtube, snobbando invece Instagram e Pinterest. Il che verrebbe da dire, fa un po’ a pugni con quanto affermato dagli stessi intervistati appena prima. Insomma: i social delle immagini probabilmente hanno il futuro dalla loro e, anzi, non è detto che un domani, ad andare per la maggiore, non sia un social che oggi non è stato ancora inventato.

Airbnb, le ragioni del successo

Con un fatturato stimato per il 2015 di 700 milioni di euro, Airbnb è il caso del momento. Ma perché piace tanto?

I numeri parlano chiaro: Airbnb  è ormai un autentico colosso. Fondato nel 2008, oggi conta annunci in 34 mila città sparse in 200 nazioni. 25 milioni sono gli utenti che almeno una volta hanno usufruito del servizio in uno degli alloggi (oltre un milione) presenti sul sito. Il fatturato previsto per il 2015 sarà di circa 700 milioni di euro.
Ma da dove deriva questo successo? Innanzitutto, le commissioni sono basse sia per chi pubblica gli annunci, che per gli utenti: dal 6 al 12% per questi ultimi, appena il 3% per gli inserzionisti. La politica è chiara: guadagnare meno, ma guadagnare tutti. Soprattutto, puntare su un gran numero di piccoli inserzionisti, piuttosto che su poche grosse strutture (anche se qualche furbetto lo si torva sempre).
Piccolo è bello, insomma. E’ questo, dopo tutto, il vero cardine della filosofia Airbnb: trasmettere all’utente l’idea che in una struttura convenzionata si sentirà come a casa (quando si apre l’home page, non a caso, la prima cosa che si visualizza è il claim che recita “benvenuto a casa”); è che vi potrà vivere, di conseguenza, un’esperienza estremamente differente da quella che offre un classico hotel.
L’altra leva su cui fa forza Airbnb è, neanche a dirlo, il prezzo. Le strutture che compaiono su Airbnb offrono sistemazioni a prezzi logicamente inferiori rispetto all’hotel. Il che, tra l’altro, porta alcuni vantaggi: minori aspettative da parte degli utenti, e recensioni di conseguenza più positive.
Gli hotel, dal canto loro, offrono un livello di confort mediamente più elevato rispetto a chi pubblicizza la propria struttura si Airbnb. Che però può rimediare offrendo servizi personalizzati, ere e proprie “coccole”, che un albergo si sogna.
Airbnb concede poi agli inserzionisti migliori la possibilità di diventare “superhost”, e di ottenere così una specie di account premium. I requisiti per diventare superhost sono: almeno 10 ospiti in un anno, risposte veloci alle richieste degli utenti, poche prenotazioni cancellate e almeno ‘80% delle recensioni con 5 stelle.
Insomma, le opportunità di business, su Airbnb, ci sono tutte. Anche perché sbaglia chi pensa che gli annunci riguardino solo appartamenti o case private. Nella galassia delle piccole strutture, del resto, il confine tra privato e business è sfumato: basta fare qualche ricerca su Airbnb per scoprire che vi sono molti i B&B, per esempio.
Vale la pena tentare, se si ha un appartamento o qualche camera da affittare? Probabilmente sì. Ricordando però che la filosofia di fondo di Airbnb resta profondamente diversa rispetto, ad esempio, a quella di booking.com, e che gli utenti si aspettano altre cose. Soprattutto, si aspettano di “essere a casa”.