lunedì 30 settembre 2013

Tripadvisor: come guadagnare visibilità

Non solo spauracchio: il portale di recensioni può essere anche un’opportunità di crescita. Ecco quali fattori influenzano il posizionamento di una struttura nelle sue classifiche interne

Uno spauracchio. Così, ormai lo sanno tutti, è visto Tripadvisor da chiunque operi nel ramo dell’accoglienza, del turismo e della ristorazione. Come sempre, però, c’è un rovescio della medaglia, spesso poco considerato: il primo portale di recensioni al mondo gode di una grande popolarità, di conseguenza può diventare un ottimo mezzo di promozione della propria struttura, a patto che siano soddisfatte alcune condizioni. Vediamole nel dettaglio.
Partiamo dai fattori negativi: quali ostacoli frenano la popolarità di una struttura su Tripadvisor? Innanzitutto, la mancanza di recensioni positive. Farsi recensire da un cliente soddisfatto, si sa, è uno dei problemi principali, e proprio la mancanza di buone recensioni è la causa principale della scarsa visibilità di una struttura. Poi, ovviamente, vengono le recensioni negative. Il secondo problema è del resto collegato al primo: avere un buon numero di pareri positivi fa infatti “scorrere in basso” la recensione negativa (purché sia un’una tantum: se le brutte recensioni sono parecchie, allora è evidentemente meglio controllare cosa non va), rendendola meno visibile e rilevante. Infine, occorre prendere in considerazione l’antipatica eventualità delle recensioni false.
Quali sono invece i fattori che influenzano in positivo la visibilità di una struttura su Tripadvisor? Innanzitutto, come succede sempre sul web, la freschezza delle recensioni. Più una recensione è recente ed attuale, più avrà peso nel sistema di posizionamento interno del portale. In secondo luogo, ovviamente, la loro qualità. Ed al terzo, di nuovo, la loro quantità: a parità di qualità di pareri ricevuti, una struttura con molti più commenti è più visibile di un’altra con poche recensioni.
Questi dati suggeriscono un’importante considerazione: non è necessario possedere una struttura extralusso, dotata di ogni confort, per ambire alle alte posizioni in classifica. Anche un posto semplice ma gestito con passione, dove il cliente si sente coccolato in ogni dettaglio, può suscitare entusiasmo ed ottenere recensioni molto positive. Fondamentale è essere consapevoli dei propri pregi e limiti, nonché sempre molto sinceri con i clienti. Altrettanto importante poi, formare e coinvolgere tutto il personale al fine di incentivare le recensioni positive e cercare di prevenire quelle negative. Abbiamo in passato approfondito questi temi  qui .

Facebook: arrivano i post modificabili

Per ora disponibile solo per i profili privati, la nuova opzione sarà probabilmente estesa alle fan page

Al momento la novità interessa i profili privati, ma è molto probabile che venga presto estesa anche alle fan page. Parliamo della nuova opzione “modifica” che compare se cliccate sul menu a tendina in alto a destra di ogni post.
Era da tempo che si attendeva l’introduzione di questa opzione. Fino ad oggi, infatti, se ci si accorgeva che un post già pubblicato conteneva un errore o un refuso, c’erano solo due possibilità: o lasciarlo così com’era, o eliminarlo e riscriverlo da capo (in questo caso, perdendo tutti i like, i commenti e le condivisioni ricevute). Mentre Facebook ha da tempo reso possibile modificare i commenti ai contenuti, gli uomini di Zuckerberg si erano sempre dichiarati restii a fornire la possibilità di modificare i post: il timore è sempre stato quello di un uso improprio dell’opzione, ovvero di un cambio sostanziale del senso di un post in base alle discussioni ed alle reazioni da esso generate. Per contrastare questo fenomeno, Facebook aggiunge la scritta “modificato” ogni volta che si apporta una modifica ad un post. Cliccando sulla scritta, inoltre, è possibile visualizzare una cronologia delle modifiche apportate (così come avviene da tempo su Google+).
Modificare un post è molto semplice. Occorrre aprire il menu a tendina cliccando sulla freccia che compare in alto a destra di ogni post. Quindi, cliccare sull’opzione “modifica”. A quel punto si apre un campo di testo nel quale è possibile apportare le modifiche o le correzioni necessarie, e ripubblicare il post stesso.
Come detto, per ora l’opzione è limitata ai profili privati, ma verosimilmente verrà a breve estesa alle fan page. E a quel punto non ci saranno più scuse: tolleranza zero per i refusi (dai semplici errori di battitura, ai problemini di ortografia, magari con termini stranieri). D’altra parte, se è vero che il social media marketing insegue modelli di comunicazione più schietta e meno patinata rispetto al web 1.0, è altrettanto innegabile che l’attenzione ad una comunicazione corretta e la correzione degli errori, anche di quelli più banali (in cui capita di incorrere, per esempio, scrivendo da dispositivi mobile), non può che far piacere a chi legge.

lunedì 23 settembre 2013

Google+ Local: ecco come fare


Un piccolo vademecum per configurare al meglio la pagina della propria struttura

A Mountain View, evidentemente, credono molto in Google+. Tanto che le novità inerenti il social della Big G sono praticamente continue. Una delle più interessanti dell’ultimo anno, per quanto riguarda l’area business e le ricerche local, è stata la migrazione dalle vecchie pagine Google Places, alle nuove Google+ Local. Molti gestori di strutture ricettive, tuttavia, non hanno ancora effettuato il passaggio. Vediamo ora come fare, in pochi passi.
Innanzitutto, è necessario avere un account gmail, ed essere iscritti a Google+ con un normale profilo privato, come quello di Facebook. A questo punto, occorre cercare la scheda della propria struttura (se c’è) su Google Maps. Una volta trovatala, si clicca su “Gestisci questa Attività”. In breve tempo, Google invia una cartolina con un codice di verifica. Reclamata la scheda, è possibile associarla ad una nuova pagina Google+, completa di tutte le informazioni e le immagini della struttura. A questo punto, le medesime saranno visibili anche sulla pagina Local da parte di chi vi accede tramite Maps.
In teoria è tutto molto semplice, in pratica la cose si complicano un po’. Noi stessi, durante le prove, abbiamo constatato che utenti diversi visualizzano grafiche e menu differenti relativi alle proprie pagine. Il problema è che Google sta lentamente compiendo il passaggio al nuovo sistema delle pagine Local, e questo non avviene in contemporanea per tutti. Quindi alcuni utenti potrebbero già visualizzare la nuova grafica, e non avere problemi a seguire le istruzioni. Altri, potrebbero ancora visualizzare il vecchio Places. In questo caso, non resta che pazientare ed attendere il proprio turno.
L’importanza dell’operazione è in ogni caso evidente. Google+, in tutte le sue estensioni, si sta sempre più affermando come strumento per migliorare la visibilità on line e la brand reputation della propria struttura. Inoltre, la continua ascesa del mobile fa delle ricerche di prossimità una strategia di marketing fondamentale per il prossimo futuro. Ecco quindi che le pagine Local diventano uno snodo cruciale. In attesa di altre novità.

Web marketing su Twitter: qualche consiglio

Ostico per molti, il social degli uccellini può rivelarsi utile. A patto che…

O lo ami o lo odi. Twitter non conosce mezze misure e divide il popolo della rete tra coloro che lo utilizzano in maniera compulsiva, e quelli (la maggior parte) che hanno un rifiuto fisiologico verso hashtag, menzioni e retweet. E che di conseguenza non prendono nemmeno in considerazione l’idea di utilizzarlo come strumento di web marketing per la propria attività.
In realtà anche Twitter, se usato bene, può essere uno strumento utile per un hotel, un ristorante, un agriturismo o un B&B. Innanzitutto, ovviamente, è fondamentale superare lo scoglio iniziale: l’Uccellino Blu tende a risultare ostico per chi è alle prime armi. L’utilizzo degli hashtag complica la lettura per chi non vi è abituato, ed il limite dei 140 caratteri può apparire troppo restrittivo. In realtà, una volta abituatisi, si scopre che tutto funziona in modo naturale. A questo punto, è fondamentale tenere bene a mente una vecchia regola, che vale per tutti i social (Facebook compreso): meglio pochi ma buoni. In altre parole, è poco remunerativo (oltre che dispendioso) dare la caccia ad un grande numero di persone per aumentare rapidamente il numero dei propri follower (qui in ogni caso, una guida rapida per chi volesse sperimentare gli annunci pubblicitari), se poi questa platea non è davvero interessata a ciò che abbiamo da dirle, e alla nostra attività. Molto meglio concentrarsi sul proprio orticello, far sì che i follower siano autentici e convinti sostenitori della nostra attività, e soprattutto curare il rapporto con loro.
Qui viene il bello. Cosa fare per ottimizzare le interazioni con i propri follower? Ricordiamo che un retweet equivale ad un condividi su Facebook: amplifica in modo esponenziale la visibilità di un tweet, e porta di conseguenza nuovi follower. Innanzitutto, occorre pensare al momento più adatto per twittare. Le Twitt List (TL) degli utenti sono infatti dei nastri trasportatori che scorrono velocissimi: un tweet viene trascinato in basso e scompare nell’arco di poco tempo, molto più in fretta di quanto avvenga su Facebook. La scelta del momento in cui twittare si rivela quindi strategica. Spesso, i momenti migliori sono pausa pranzo-primo pomeriggio, e ore serali prima e dopo cena. Ottimo momento, soprattutto per chi ha un’attività ricettiva, il venerdì pomeriggio, ed il week end in generale.
A questo punto, spesso, sorge un’altra domanda? Quanto Twittare? Alcuni utenti si convincono che per aumentare i propri follower occorre un gran numero di tweet giornalieri. Non è vero, anzi: twittare troppo può essere, come spesso accade, controproducente. 4 tweet al giorno possono bastare. L’importante è che ad essi segua la dovuta interazione: del resto se si chiamsa social network, un motivo ci sarà! Nulla è più antipatico di un’interazione cui segue il silenzio. Se un follower ci risponde, è fondamentale replicare a nostra volta. Se proprio siamo di corsa e non ci viene in mente nulla, c’è un comodo strumento che Twitter ci mette a disposizione: l’aggiunta ai preferiti (il simbolo della stella). “Stellinare” un tweet è un po’ l’equivalente del like messo ad un commento ad un post su Facebook: consente di ringraziare quell’utente per aver partecipato ad una nostra discussione.
Ma quali regole seguire per la scrittura dei Tweet? Innanzitutto, sebbene oggi vadano di moda e compaiano un po’ ovunque, è bene non esagerare con gli hashtag: non dimentichiamo che per molti costituiscono un ostacolo ad una lettura scorrevole, e risultano graficamente fastidiosi. Fondamentali sono poi lo stile e la correttezza grammaticale e sintattica: il limite dei 140 caratteri non è una scusa per esagerare con le abbreviazioni, e gli errori di battitura sono sempre fastidiosi.
Infine, meglio evitare di collegare gli account Twitter e Facebook. I due social network sono profondamente diversi, hanno regole differenti ed utenze con differenti abitudini. Raramente ciò che funziona su Twitter fa altrettanto su Facebook. Meglio quindi tenere gli account separati ed al limite usare Twitter, con una breve frase introduttiva e lasciata in sospeso, per incuriosire, come rampa di lancio per i post su Facebook, in modo da attrarre nuovi like e nuovi fan.
Ciò detto: le regole, sui social network, non sono mai ferree, e lo spazio per le eccezioni abbonda. Non resta che provare e sperimentare: più si riesce ad essere creativi, più si ottengono risultati.

giovedì 19 settembre 2013

Social e siti travel: non solo Facebook, Google+ e Pinterest guadagnano posizioni

Uno studio dell’agenzia Gygia rivela che la percentuale di login e condivisioni su siti hospitality e travel effettuate con social diversi da Facebook è in forte crescita.

Non (più) solo Facebook. Gygia, agenzia che fornisce suite di strumenti per la gestione dei social e la loro integrazione con le piattaforme web dei propri clienti (tra cui molti attivi nel settore Hospitality e Travel), ha pubblicato i risultati di uno studio inerente le attività dei visitatori sui siti in questione nel periodo tra aprile e giugno di quest’anno. E le sorprese non mancano.
Per quanto riguarda i login, infatti, Facebook continua ad essere al primo posto con il 52% degli accessi social, ma Google+ guadagna addirittura il 24%, e Yahoo il 17%. Diversi i risultati inerenti la condivisione di contenuti: dopo il dominio di Facebook con il 50%, qui infatti emergono Twitter (24%) e Pinterest (16%). In questo caso Google+ si ferma al 2%, ed in effetti non è più un mistero che il social della grande G sia percepito più come un tool di utility che come una piattaforma di condivisione vera e propria. Pinterest, dal canto suo, si conferma il social network più utilizzato nell’ambito dell’ecommerce sharing (repetita juvant: la forza delle immagini).
Insomma, se Facebook resta il re dei social network, Google+, Pinterest e Twitter guadagnano terreno e sono sempre più utilizzati, ognuno con le proprie specificità. Un motivo in più per dedicarvi attenzione.

Facebook: arrivano i post embedded

E’ da poco disponibile la nuova funzione che permette di incorporare i post nel proprio sito o blog

Era nell’aria, e quest’estate la novità è finalmente arrivata. E’ ora possibile incorporare un post di Facebook (proveniente da una pagina o da un profilo privato, purché nelle impostazioni di privacy sia selezionato “pubblico”: i contenuti pubblici, infatti, sono visibili a chiunque, anche a chi non è iscritto a Facebook) direttamente in un sito web o in un blog esterno.
Farlo è molto semplice: è sufficiente cliccare sull’icona a freccia in alto a destra sul post che si vuole incorporare. Dal relativo menu a tendina, cliccare sulla voce “incorpora post”, quindi copiare il codice che compare ed incollarlo (o farlo incollare dal webmaster) sul sito o blog di riferimento.
A questo punto, il post sarà visibile direttamente da lì, ed i visitatori potranno cliccare mi piace o condividere il post direttamente dal sito dove è stato incorporato. Se invece vorranno commentarlo o cliccare su un hashtag, verranno indirizzati direttamente alla pagina (o profilo) Facebook di riferimento.
Qui una breve ma chiara guida a riguardo, in inglese, pubblicata direttamente dal team Facebook:
E’ evidente come Facebook cerchi, tramite questo servizio, di espandere ulteriormente il proprio già ampio pubblico, rendendo visibili i propri contenuti anche all’esterno e a persone non iscritte al social network. Appare subito altrettanto chiaro, tuttavia, come si tratti di un’opportunità interessante anche per chi gestisce una fan page collegata ad un sito web, magari di una struttura ricettiva. Sappiamo bene, infatti, come un’integrazione spinta tra le due piattaforme ed i loro contenuti aumenti il tasso di conversione dei contatti in richieste vere e proprie. Come sempre, quindi, non resta che sperimentare le novità.

lunedì 9 settembre 2013

Wi Fi gratuita e prenotazioni: un servizio ormai indispensabile

Diverse inchieste hanno recentemente dimostrato l’importanza di avere una wi fi gratuita nella propria struttura per incrementare le prenotazioni

Wi fi, croce e delizia delle strutture ricettive italiane. Da un lato, i recenti sviluppi in materia inseriti nel Decreto del Fare emanato dal Governo in carica hanno riportato alla luce tutte le contraddizioni ed i limiti della legislazione italiana a riguardo. In un primo momento, è parso addirittura che l’Esecutivo intendesse ripristinare le condizioni previste dal Decreto Pisanu (obbligo di tracciabilità per ogni dispositivo che si connette alla wi fi); in un secondo momento, a seguito della vibranti proteste emerse da una larga fetta dell’opinione pubblica, il Governo ha fatto marcia indietro: tutto resta come prima. Ovvero: nessun obbligo di tracciabilità ma (e questo viene generalmente taciuto dai Media che si occupano della vicenda) responsabilità da parte del gestore della struttura ricettiva che mette a disposizione il wi fi, sulle attività on line da parte dei dispositivi connessi. Il che suggerisce che prevedere un login in grado di identificare le connessioni sia una pratica comunque consigliabile.
Lasciando da parte le beghe normative, quanto è importante avere oggi una wi fi gratuita all’interno della propria struttura ricettiva? A quanto pare, molto. Anzi, sempre di più. Lo raccontano due recenti inchieste condotte da Trivago e Intercontinental Hotel Group (IHG). Il primo ha sondato le ricerche on line di 30.000 italiani che stavano cercando una destinazione per le proprie vacanze estive, tramite un’elaborazione statistica dei filtri di ricerca utilizzati per la scelta della struttura ricettiva preferita. Ne è emerso che il wi fi gratuito è stato uno dei parametri più ricercati, secondo solo al parcheggio interno e davanti a ristorante, piscina e possibilità di portare animali. Tra i giovani, poi, il wi fi viene dato praticamente per scontato, ed in generale il servizio è considerato un must per un viaggiatore su 4.
Se un tempo, inoltre, il wi fi era ritenuto importante solo per la clientela business, oggi non è più così. Lo dimostra la ricerca condotta da IHG su 10.000 viaggiatori per lavoro in tutto il mondo. Ebbene, i risultati sono abbastanza sorprendenti: la maggior parte degli utenti, sebbene si trovasse in struttura per lavoro, non cercava il wi fi per ragioni lavorative, bensì per rimanere in contatto con i propri cari. L’aspetto social, evidentemente, è ormai irrinunciabile nelle vite di parecchie persone, sempre ed ovunque. Per il 61% dei viaggiatori, la presenza di una connessione è stata valutata più importante di TV o frigobar in camera. Il 44% ha affermato di aver insegnato a genitori ed addirittura nonni ad utilizzare servizi di chat come Skype, per poter restare costantemente in contatto. La stessa percentuale ha dichiarato di utilizzare servizi di messaggistica istantanea per poter vedere il proprio animale d’affezione rimasto a casa.
Insomma: il wi fi gratuito è sempre più irrinunciabile per un target di clienti sempre più ampio. Non resta che augurarsi che il Legislatore ne prenda atto ed emani un quadro normativo finalmente all’altezza di quelli del resto d’Europa.

Google, SEO e ranking: tutto dipende dalla soddisfazione degli utenti

Recenti studi mostrano come funziona l’algoritmo di ricerca che premia i siti che hanno soddisfatto gli internauti

I reali meccanismo di funzionamento di Google, si sa, sono un po’ come la ricetta della Coca Cola: se ne parla, se ne favoleggia, ma nessuno, a parte gli ingegneri che se ne occupano, sa realmente cosa accade quando effettuiamo una ricerca. Un recente volume di Stephen Levy (In the Plex, qui su Amazon) suggerisce alcune interessanti considerazioni. Secondo Levy, gli sviluppatori di Google continuano a migliorare le prestazioni dei loro algoritmi osservando il grado di soddisfazione degli utenti durante le ricerche. Si tratta ovviamente di misurazioni molto complesse, ma alcuni dei parametri fondamentali sono abbastanza intuitivi. Levy parla infatti di “click lungo”: un click effettuato da un utente su uno dei risultati di ricerca (di solito uno dei primi nella SERP), in seguito al quale non è più tornato indietro per continuare la ricerca: evidentemente, ha trovato ciò che cercava. L’internauta che viceversa clicca su un risultato per poi tornare subito indietro, visitare un altro risultato o addirittura modificare le parole chiave della ricerca, evidentemente non è soddisfatto di quella appena effettuata e dei risultati che ne sono scaturiti.
Panda sonda costantemente tutti i siti indicizzati, alla ricerca dei livelli di soddisfazione che generano negli internauti. Più un sito soddisfa le aspettative di chi lo visita, più Panda lo premia migliorandone il ranking. I risultati vengono aggiornati ogni poche settimane.
Appare evidente a questo punto che avere un sito che soddisfa questi parametri è quantomeno desiderabile. Ma come si fa a sapere se il sito della propria attività o struttura sia in linea con quanto richiesto da Google? A Mountain View hanno pensato anche a questo, ed hanno creato un sondaggio di customer satisfaction da inserire nel proprio sito web (per ora è solo in inglese ma è gratuito e lo si trova qui ). Il tool contiene alcune semplici domande a cui visitatori che lo desiderano possono rispondere, per consentire una misurazione del loro grado di soddisfazione o insoddisfazione nella navigazione del nostro sito. Le domande sono standard, ma Google consente di inserirne di personalizzate (ad oggi solo in USA, Canada e Gran Bretagna) al costo di un centesimo di dollaro USA a risposta.
Oltre a questo, ci sono altri parametri che vengono tenuti in considerazione da Google per determinare il ranking di una pagina. Come l’assenza di barriere (l’apertura di un pop up di registrazione, così come tutto ciò che implica click aggiuntivi, risulta deleterio per la user experience del navigatore), o la velocità di caricamento.
Insomma, si può concludere che evidentemente esistono due tipi di SEO: quello rivolto ai robot, e quello rivolto agli internauti in carne ed ossa. E, per quanto simili, non è detto che si sovrappongano perfettamente. Il secondo è inevitabilmente più ricco di dettagli, di sfumature, di informazioni preziose per noi, per il nostro sito e anche per Google.