mercoledì 9 ottobre 2013

Strutture ricettive italiane: piccolo è bello. Ma per quanto ancora?

La maggioranza delle strutture ha meno di 20 dipendenti. Apparentemente, una ricchezza per il Bel Paese. Ma è un modello sostenibile in un mondo globalizzato e dominato dagli intermediari?

Federalberghi parla chiaro, con il proprio Datatour 2013 : la stragrande maggioranza delle strutture ricettive italiane ha meno di 20 dipendenti. Spesso, molti meno. Piccole pensioni a gestione famigliare, affittacamere, B&B, agriturismi sono la colonna vertebrale su cui si regge l’ospitalità italiana, soprattutto in provincia e nelle campagne. Eppure, spiega il Presidente Bernabò, nel 2013 questo modello non è più competitivo. Le piccole strutture non avrebbero infatti potere contrattuale con i grandi mediatori (soprattutto con le OTA), mancherebbero della capacità di penetrare i mercati internazionali, non riuscirebbero ad acquisire un’adeguata visibilità presso i potenziali clienti.
Dichiarazioni pesanti. E le reazioni da parte di chi dovrebbe sentirsi rappresentato da Federalberghi, ovvero gli albergatori, non sono ovviamente mancate. Del resto, le argomentazioni a difesa delle piccole strutture sparse da nord a sud lungo la Penisola non mancano. I turisti stranieri sono spesso alla ricerca proprio delle piccole realtà familiari, testimoni di una storia e di una cultura centenarie: si tratta di un fiore all’occhiello italico che la clientela internazionale di sicuro non vorrebbe perdere. Anzi: molto spesso sono proprio le dimensioni familiari, il contatto diretto tra il proprietario e la clientela, il “calore umano”, a conferire alle piccole struttre un vantaggio sostanziale nei confronti dei grandi alberghi, delle catene e degli hotel dai grandi numeri. Non è un caso se spesso, su Tripadvisor, le strutture con il giudizio medio più elevato siano proprio piccole bomboniere che, grazie ai numeri contenuti ed al contatto diretto, riescono a “coccolare” i clienti e a fornire standard di qualità inarrivabili per strutture di maggiori dimensioni.
A fronte di tutto questo, è innegabile che alcuni problemi rimangono. Tra i principali, la scarsa capacità contrattuale con i grossi intermediari (OTA, ma non solo), e la difficoltà ad avere una adeguata visibilità. In quest’ottica, appare sempre più evidente come trovare canali alternativi di promozione e vendita, al fine di disintermediare il rapporto con il cliente, sia una priorità sempre più rilevante per le piccole strutture. Soprattutto se si tratta di opportunità low cost. Ecco quindi che un utilizzo corretto ed efficace dei canali social, un miglioramento delle strategie per il mobile ed il local search marketing (il tutto adeguatamente shakerato in un unico cocktail), diventano preziose risorse alternative. La strada da percorrere, per la moltitudine di piccole strutture italiane, non può che passare da qui. E da una relativa, adeguata formazione.

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