lunedì 25 gennaio 2016

La Local Search: come consolidarla e renderla vincente

In ambito mobile, la geolocalizzazione riveste un ruolo determinante. Alcune dritte per farsi trovare dagli utenti che effettuano ricerche geolocalizzate

E’ lo stesso Google a dircelo: in futuro, i risultati locali avranno un peso sempre maggiore all’interno dell’algoritmo che regola le SERP. Meglio farsi trovare preparati, quindi. Già, ma come?
Un primo suggerimento, che può apparire banale ma non lo è, consiste nell’accertarsi di avere le stesse coordinate di geolocalizzazione su tutti i profili web: indirizzo completo, numero civico, recapito telefonico e coordinate gps devono essere non solo corretti, ma identici in tutto e per tutto. La local search ne beneficerà.
E’ bene poi specificare, nella descrizione dell’attività, la località in cui si trova (ad es. nome hotel+località). Un piccolo accorgimento che può fare la differenza.
Siccome repetita iuvant, ecco poi la regola aurea: avere un sito aziendale ottimizzato per la navigazione da mobile. Occorre ricordare infatti che l’algoritmo di Google ne tiene conto per l’organizzazione dei risultati di ricerca, se chi l’ha effettuata utilizzava proprio un dispositivo mobile.
Può essere utile, inoltre, investire un piccolo budget nella paid search, ovvero nelle inserzioni a pagamento, puntando tutto sulle visualizzazioni locali. Diversi studi indicano infatti per il 2016 un aumento delle visite da inserzioni a pagamento.

Non dimenticare, infine, di monitorare l’andamento delle visualizzazioni tramite la Google Analytics.

Mobile: nel 2016 ci investiremo di più

Budget in aumento per sito ufficiale responsive, SEM e social media marketing

Viviamo nell’era del mobile, questo si sa da un po’. Ora una ricerca condotta da Travelclick rafforza questa tesi: su un campione di albergatori e gestori di strutture ricettive, oltre la metà ha infatti dichiarato nel ritenere il canale mobile strategico per il prossimo futuro.
Nello specifico, il 46% migliorerà la versione mobile del sito aziendale, il 24% implementerà la ricerca sui motori di ricerca da mobile, e il 22% destinerà più risorse al social media marketing turistico.
Non solo: il 35% degli intervistati ritiene che nel 2016 la crescita più importante nelle prenotazioni dirette arriverà proprio dal canale mobile, e questo giustifica tutta l’attenzione ed i maggiori investimenti da parte dei gestori di strutture ricettive.
John Hach di Travelclick ha così commentato i risultati dell’indagine:
“E’ inaccettabile che gli albergatori trascurino il mobile nelle proprie strategie di marketing e i dati rispecchiano l’accettazione da parte degli albergatori del mobile come strumento importante per migliorare l’andamento delle loro strutture e entrare in contatto con un nuovi potenziali ospiti”.
Insomma, il canale mobile è ormai un’asse portante di una completa strategia digitale. E la sua importanza è destinata a crescere, dal momento che entro il 2018 le prenotazioni da mobile saranno il 35% del totale delle prenotazioni on line, e che già oggi il 60% dei business traveller prenota da mobile. In definitiva, è essenziale farsi trovare pronti.




martedì 19 gennaio 2016

Cicloturismo: come incominciare

E’ il trend del momento, ma per chi è alle prime armi scelte da fare e soldi da spendere possono spaventare. Ecco alcuni consigli

Cicloturismo, mon amour. Sono sempre di più i turisti che si fanno sedurre dai molti vantaggi di compiere un viaggio pedalando: si “vive” il territorio che si attraversa come in nessun altro modo, si spende “relativamente” poco, e in più ci si tiene in forma.
Già, ma per i novizi, ci sono alcuni scogli iniziali da superare che possono mettere in crisi i bei propositi: la scelta della bici, del bagaglio, fino all’abbigliamento. Tutte variabili che, se non si sta attenti, possono far lievitare la spesa iniziale fino a cifre proibitive. Ecco di seguito alcuni consigli per risparmiare qualche euro e diventare cicloturisti a costi abbordabili partendo da zero.
Innanzitutto, ovviamente, la scelta della bici. Una mountain bike con una ricca dotazione tecnica permette di affrontare qualsiasi sentiero, ma costa anche parecchio. Se si ha in mente di viaggiare prevalentemente su asfalto, al limite con qualche puntata su sterrati leggeri, meglio orientarsi verso una normale city bike: con poche centinaia di euro ci si può portare a casa una bici adattissima ad un viaggio di qualche giorno. Dopo la bici, le borse: quelle impermeabili costano di più, si può risparmiare qualche euro comprandone di economiche e rendendole impermeabili con dei sacchetti di plastica. C’è poi il comparto “tecnico”, che ridotto al minimo indispensabile comprende un kit meccanico di base (cacciaviti, brugole, corde elastiche) e uno per la riparazione della camera d’aria.
Anche per quanto riguarda l’abbigliamento esistono ormai catene di negozi che ne offrono di buono a pochi euro, ma su un paio di capi conviene davvero non risparmiare: una buona maglietta traspirante, ed un paio di pantaloni imbottiti (soprattutto i primi giorni, quando non si è abituati, fanno davvero la differenza). Meglio ancora se abbinati ad una sella da viaggio, altro piccolo investimento che si può montare anche su una normale city bike al posto di quella originale: a fine giornata, il fondoschiena ringrazierà. Da non scordare, ovviamente, guanti, occhiali e cappellino d’ordinanza.
A questo punto si è equipaggiati di tutto punto e pronti per partire. Certo, la spesa principale durante il viaggio resta quella per le soste: ristoranti, hotel, B&B, aziende agrituristiche. Meglio allora andare sul sicuro e prenotare presso quelle strutture convenzionate con una delle diverse associazioni di cicloturismo presenti in Italia ed Europa, che offrono una serie di servizi pensati ad hoc: dalla rimessa per  le bici, all’assistenza tecnica, fino a menu pensati appositamente per chi brucia parecchie calorie sui pedali.
Troppe cose a cui pensare? Un’alternativa, a dire il vero, c’è: prenotare presso una struttura che, oltre all’assistenza tecnica, offre in affitto anche la bici. In questo caso si arriva a destinazione freschi e riposati, e non resta che godere della parte più piacevole del cicloturismo. E per gli incontentabili che sono fuori allenamento o semplicemente non vogliono fare fatica, c’è sempre la soluzione ebike.


Airbnb: fa più paura alle OTA che alle strutture

Secondo una ricerca condotta da Brian Nowak di Morgan Stanley, il noto portale spaventa maggiormente le grandi compagnie online che le piccole strutture

Chi ha paura di Airbnb? A prima vista, verrebbe da dire gli hotel tradizionali e le strutture ricettive. Ma una ricerca condotta da Brian Nowak di Morgan Stanley su 4000 viaggiatori e pubblicata su Skift  rivela che le cose stanno diversamente.
Innanzitutto, la maggior parte delle persone che utilizzano Airbnb non lo fa per evitare gli hotel tradizionali. Esiste una buona fetta, ad esempio, che dichiara di farlo come alternativa all’alloggio presso amici e parenti.
Ma il motivo principale per il quale Airbnb è visto come una minaccia più dalle OTA che dalle strutture è un altro: nel momento in cui il portale e la sua offerta alternativa di alloggi dovessero davvero iniziare a cannibalizzare la domanda alberghiera, le strutture ricettive avrebbero sempre la possibilità di lavorare con il portale stesso, anziché porsi in concorrenza con esso. Soprattutto per un motivo: mentre le OTA richiedono commissioni che partono dal 12%, Airbnb richiede (per ora) il 3% alle strutture e il 13% ai clienti.

Anche ipotizzando un aumento delle commissioni richieste da Airbnb alle strutture, questo canale potrebbe comunque restare più economico delle OTA. Ecco perché non è azzardato ipotizzare che in un futuro prossimo il portale possa diventare un canale di distribuzione importante. A cominciare dalle piccole strutture, come B&B e aziende agrituristiche. E allora per le OTA inizerebbero davvero ad essere dolori.

lunedì 11 gennaio 2016

Book Direct, la campagna degli albergatori europei per le prenotazioni dirette

Sulla falsariga di “Fatti Furbo” di Federalberghi, l’iniziativa serve a sensibilizzare i clienti e a scavalcare le OTA

Ricordate “Fatti Furbo”? Era la campagna di Federalberghi volta a spiegare ai clienti che, se prenotano contattando direttamente la struttura ricettiva, possono ottenere condizioni migliori che attraverso le famigerate OTA. Ora qualcosa di simile è stato lanciato anche dalla Hotrect, l’associazione europea delle strutture ricettive e della ristorazione, con Book Direct. Le attività che intendono aderire all’iniziativa hanno a disposizione l’apposito logo (in foto), tradotto in 17 lingue, da apporre sul materiale promozionale off e on line. Il messaggio è lo stesso della campagna di Federalberghi: prenotare contattando direttamente la struttura (via email, telefono, social) conviene, perché permette di evitare le alte commissioni delle OTA.

Per quanto possa apparire incredibile a chi gestisce una struttura turistica, infatti, la maggior parte dei clienti semplicemente non sa, o non pensa, che il prezzo migliore non è quello che si trova sui grandi portali. La Rate Parity fa ormai acqua da tutte le parti, si tratta solo di sensibilizzare la clientela a riguardo.
L’altro vantaggio della prenotazione diretta, poi, è che permette di specificare eventuali esigenze e concordare con l’albergatore trattamenti personalizzati. Come scrive Book Direct:

“Se prenoti direttamente, hai sempre un contatto diretto e immediato con il fornitore del servizio. Grazie al contatto diretto tutte le tue richieste specifiche possono essere discusse e chiarite in maniera confidenziale ed efficiente. […] Il contatto diretto ti permette inoltre di ricevere informazioni dettagliate su: disponibilità, richieste specifiche, offerte speciali esclusive e servizi aggiuntivi”.

Insomma, un’altra iniziativa volta a contrastare il predominio delle OTA e a disintermediare il rapporto con il cliente. La strada non è semplice, ma qualcosa si muove.

Fat Bike, fenomeno del momento

Evoluzione della mtb, è facile anche per i meno esperti e disponibile in versione a pedalata assistita

Fat Bike, letteralmente bici grassa. Per la precisione, ad essere oversize sono le gomme: sezione di almeno 3,7 pollici, diametro vicino ai 29, cerchi più larghi di 44 mm. Una specie di bigfoot a pedali, insomma.
A cosa serve? Beh, ad andare dove le classiche mountain bike non riescono: gli pneumatici larghi, gonziati a bassa pressione (da 0,5 a 1 bar), consentono di “galleggiare” su fondi a bassa aderenza, scivolosi o dove le bici normali sprofonderebbero, come sabbia, fango o neve, oppure di restare in equilibrio in mezzo a una pietraia o sul letto di un fiume.
Non solo: grazie all’ampia sezione degli pneumatici che rendono la bici particolarmente stabile, la fat bike risulta facile da controllare anche ai meno esperti. I ciclisti più dotati tecnicamente, dal canto loro, trovano nella “fattie” un giocattolo con cui lanciarsi in avventure estreme, precluse alle normali mtb.
Ma com’è nata la Fat Bike? Il primo ad avere l’idea delle gomme maggiorate fu nel 1988 un certo Simon Rakower, che gestiva un’azienda in Alaska ed aveva bisogno di una bici che potesse andare sulla neve, e per questo modificò una normale mountain bike in modo da montarci coperture maggiorate. A qualcosa di simile giunse qualcun altro nel Nuovo Messico, questa volta per pedalare sulla sabbia. Si trattava però di realizzazioni artigianali: il primo vero progetto industriale fu realizzato da un’azienda del Minnesota, la Surley, con la Fat Bike Pugsley dotata di pneumatici Endomorph: siamo nel 2005, il resto è storia.
Difetti? Non tanto il peso (a guardarle, le gomme “grasse” sembrano macigni, ma sono piene d’aria), quanto l’attrito: la sezione maggiorata e la bassa pressione, se da un lato favoroscono la stabilità e la facilità di controllo, dall’altro richiedono un maggior sforzo sui pedali: sui lunghi percorsi, le Fat Bike possono essere faticose. Ed ecco la soluzione: la pedalata assistita. Il mercato propone infatti soluzioni in cui il motore elettrico contrasta il maggior attrito e rende le Fat Bike godibili come una normale mtb. Con il vantaggio di poter andare dove mai ci si avventurerebbe con una bici normale, anche se non si è funamboli delle due ruote.

Insomma, un trend, una moda, il fenomeno del momento. Con parecchie frecce al proprio arco. Se si gestisce una struttura ricettiva in un territorio vocato per il cicloturismo e si ha già un parco bici per i propri clienti, magari può valer la pena pensare anche a un paio di fat bike, magari in versione ebike.