lunedì 27 aprile 2015

Instagram, tutti i motivi per cui è importante

Il boom di iscritti non si arresta, ma a contare non sono solo i numeri: altre caratteristiche rendono il social delle foto stile Polaroid ormai imprescindibile

Abbiamo già parlato del boom di Instagram, ed in più occasioni. Ora è uscita l’ultima ricerca di eMarketer, relativa ai dati del 2014, e la tendenza pare proprio confermata: l’avanzata del social delle foto in stile vecchie Polaroid non accenna a fermarsi. Lo studio si riferisce al mercato statunitense ed evidenzia come nel 2014 gli utenti di Instagram siano aumentati del 60% rispetto all’anno precedente, superando i 60 milioni di utenti attivi su base mensile. Le stime di crescita indicano per il 2018 la data in cui gli iscritti saranno oltre 100 milioni.

Ma non sono solo i semplici numeri ad essere interessanti. Innanzitutto, i viaggiatori – e consumatori – di domani sono i ragazzi. Ed ecco che proprio Instagram pare essere il social preferito da chi ha meno di 24 anni, che oltretutto spesso abbandona Facebook a favore del social delle immagini. Riuscire a catturare l’attenzione dei ragazzi oggi, significa incominciare a fidelizzare i clienti di domani.
Un'altra peculiarità rende Instagram particolarmente prezioso: è il social network con il più elevato tasso medio di interazioni per ogni contenuto pubblicato. E sono innanzitutto le interazioni, ovviamente, a rafforzare il rapporto tra brand e cliente.
Una nuova tendenza si sta però facendo strada. Anzi, forse sarebbe meglio parlare di cambio di rotta. Mentre infatti fino a poco fa ciò che rendeva accattivanti gli scatti di Instagram era la loro freschezza, la genuinità anche un po’ semplice (tanto poi ci pensano i filtri ad aggiustare tutto), ora pare che ad avere più successo siano le immagini di alta qualità. Un po’ come avviene su Pinterest, insomma, una foto dev’essere davvero bella ed emozionante. Ma se lo è, il successo su Instagram è assicurato. Insomma: il social delle immagini in stile Polaroid non può proprio mancare nel piano di social media marketing di una struttura.


Call to action efficace, ecco come farla

E’ la frase con cui invitiamo il lettore a compiere un’azione on line. Di seguito, alcune idee su come far sì che funzioni

Sembra facile, ma non lo è. Parliamo della creazione di una call to action efficace, ovvero che produca risultati. Che sia inserito in un contesto social, in una campagna pubblicitaria o sul proprio sito web, il celebre “clicca qui” rischia spesso di essere un buco nell’acqua. Vediamo come migliorare le situazione con alcune dritte.
Partiamo da una parolina magica: stop. Può sembrare banale, ma far cominciare una call to action in questo modo funziona quasi sempre. “Stop alla frenesia, rilassati coccolato dai nostri sorrisi. Scopri come”, è il classico tipo di call to action che funziona: inizia con la parola stop, che cattura l’attenzione, e termina lasciando curiosità, incentivando quindi il lettore a cliccare sull’offerta.
Altra parolina magica: immagina. Indurre il lettore a crearsi da sé un’immagine mentale costituisce una leva molto potente. “Immagina una passeggiata tra i vigneti e una cena a lume di candela con chi ami”, è un invito a chiudere gli occhi, come si suol dire a “farsi il film mentale”, e infine a cercare il modo per viverlo davvero, quel film (e noi siamo lì apposta).
Porre una domanda iniziale è una tecnica che in genere dà buoni risultati. “Voglia di fuggire dalla città?”: chi leggerà questo quesito al chiuso di un ufficio in centro, molto probabilmente annuirà con la testa.
Per “gamificazione” si intende il fatto di ricorrere ad un gioco per ottenere un risultato. Invitare il lettore a partecipare a domande, quiz o altro, tra le altre cose, lo rilassa e lo rende meno preoccupato all’idea di cederci i suoi dati, come l’email o la data di nascita. Ovviamente, il tutto funziona ancora meglio se al gioco è collegato un premio, per esempio un buono sconto. L’utente ama sentirsi gratificato.
Le varie tecniche, ovviamente, possono essere incrociate ed utilizzate simultaneamente, al fine di creare di volta in volta effetti differenti secondo il contesto. L’importante, per chi gestisce la presenza on line di una struttura, è farle proprie affinché le call to action utilizzate portino davvero le persone che le visualizzano a fare il benedetto “click”.

giovedì 23 aprile 2015

Google, arriva la rivoluzione mobile

Dal 21 aprile i siti mobile friendly diventano ufficialmente favoriti, e tra le serp possono comparire anche contenuti presenti in app indicizzate

La rivoluzione mobile, iniziata qualche anno fa, non si arresta. Anzi, quello che arriva in questi giorni è uno dei suoi momenti più importanti. Come annunciato da Google , infatti, i siti mobile friendly stanno per diventare ufficialmente favoriti, nel ranking delle serp, rispetto a quelli che non lo sono. Si tratta, a dire il vero, di una tendenza in atto da tempo, ma il fatto che quelli di Google ora lo dichiarino ufficialmente indica quanto l’usabilità da mobile stia loro a cuore. Avere un sito responsive, insomma, è diventato fondamentale.
L’altra rivoluzione riguarda la comparsa di contenuti presenti in app indicizzate tra i risultati delle ricerche. Anche in questo caso, gli sviluppatori di Mountain View sul loro blog parlano chiaro: “Quando effettuano una ricerca da dispositivi mobile, gli utenti dovrebbero ottenere i risultati più rilevanti e opportuni, non importa se le informazioni risiedono su pagine web mobile-friendly o su app. Dal momento che un maggior numero di persone utilizza dipositivi mobile per accedere a internet, il nostro algoritmo deve adattarsi a queste modalità d’uso”. Ecco perché risultati che rimandano ad una certa app potranno comparire per chi effettua ricerche in ambiente Android.
Come al solito, infine, quelli di Google hanno pensato a tutto: ecco quindi una guida per la creazione di siti web ottimizzati per il mobile, ed un test di compatibilità per verificare se il proprio sito soddisfa tutti i requisiti. Non resta che effettuare il test per il proprio sito web e, nel caso qualcosa ancora non fosse ottimizzato per il mobile, correre subito ai ripari.

Frequenza di rimbalzo, ecco come abbassarla

Alcuni suggerimenti per ridurre uno dei fenomeni più fastidiosi tra le statistiche di accesso al proprio sito web

Chi utilizza Analytics per tenere sotto controllo le statistiche sul traffico del proprio sito web aziendale la conosce bene. Parliamo della frequenza di rimbalzo (bounce rate), ovvero di quella percentuale di visite che si concludono con la visualizzazione di una sola pagina, senza interazioni, e che in genere durano pochi secondi. Entro certi limiti la frequenza di rimbalzo è congenita per qualsiasi sito, ma se è troppo elevata è la spia di un problema. Proviamo a vedere cosa possiamo fare per ridurla.
Partiamo dall’inizio: la prima cosa che notiamo, dopo aver cliccato su un link, è la velocità di caricamento di una pagina. Diversi studi  hanno evidenziato come la frequenza di rimbalzo aumenta dopo 3-4 secondi di caricamento. Avere pagine che appaiono velocemente è dunque il primo passo fondamentale (e la cosa, tra l’altro, piace anche ai robot di Google che stabiliscono il posizionamento del sito nelle SERP).
Una volta aperta la pagina, l’occhio dell’utente deve trovare all’istante ciò che cerca. E’ dunque fondamentale far capire in modo chiaro chi siamo e cosa offriamo. Occorre dunque mettersi nei panni dell’utente e pensare che egli, quando ha cliccato sul link del nostro sito, lo ha fatto per trovare una soluzione ad un bisogno. E si aspetta che noi gliela offriamo. In sintesi: il sito deve essere utile.
Oltre all’utilità in senso stretto, inoltre, anche l’occhio vuole la sua parte. Un’estetica gradevole e curata rafforza la percezione di qualità legata al brand. In questo caso, la soluzione migliore è rivolgersi ad un bravo grafico. Può essere utile, poi, dare un’occhio alla guida pratica all’usabilità di Jakob Nielsen in 113 punti, al fine di ottimizzare l’ergonomia delle pagine.
Tra le cose da evitare ci sono gli autoplay, ovvero i contenuti multimediali – audio o video – che partono in automatico non appena si accede alla pagina. Possono essere fastidiosi ed indurre l’utente ad andarsene. Idem per quanto riguarda i pop up: se proprio non resistiamo alla tentazione di inserirne uno, meglio far sì che appaia quando l’utente ha cliccato per abbandonare il sito, piuttosto che al suo arrivo.
Infine, è fondamentale che le pagine del sito siano responsive, e quindi ottimizzate per essere consultate anche da dispositivi mobile.
E il tuo di sito, rispetta tutte queste condizioni?

lunedì 13 aprile 2015

Twitter, con le ultime novità si punta a nuovi iscritti

Una serie di nuove feature sembra andare nella direzione di una maggior immediatezza di utilizzo, per conquistare nuovi utenti

Twitter ha uno zoccolo duro di aficionados, ma al di fuori di questa cerchia fatica ad imporsi. E’ un trend storico, questo, da parte del social dei cinguettii, ma ora una serie di novità parrebbero suggerire l’idea che qualcosa si stia smuovendo, e che sia partita la caccia a nuovi utenti.
Per rendere più immediata e semplice la navigazione, dalle ultime release delle app mobile è infatti scomparsa l’opzione scopri, che permetteva di scorrere i tweet più popolari tra la propria cerchia di following. In compenso è stata ampliata la sezione dei Top Trend, con elenchi degli argomenti più discussi, ognuno corredato ora da una breve descrizioni per aiutare l’utente a capire di cosa si sta parlando. Disponibile al momento solo in inglese, questa opzione arriverà presto anche sugli altri mercati.
Quelli di Twitter hanno poi pensato a tutti quegli utenti che, seguendo molti account, quando aprono la app dopo un po’ di tempo rischiano di perdersi i tweet più rilevanti nella moltitudine di altri tweet. Per questo, oltre all’opzione mentre eri via, disponibile già da qualche mese (che mostra un riassunto dei tweet più popolari scritti mentre si era assenti), ecco ora MacigRecs. Si tratta di un account a cui ci si può iscrivere. Una volta iscritti, MagicRecs invia messaggi diretti segnalando particolari attività attorno ad un argomento, come tweet popolari, o nuovi utenti a cui diversi propri following si sono recentemente iscritti.
L’ultima, importante feature recentemente introdotta da Twitter (e attesa da molti), riguarda i commenti ai retweet. In pratica, è ora possibile aggiungere un proprio commento quando si condivide un tweet, in modo che il retweet non sia un mero copia-incolla. Lo spazio per il commento è di 115 caratteri (in pratica il tweet che viene retweettato funziona come uno short link).
Insomma, quelli del social dei cinguettii stanno lavorando per rendere Twitter un ambiente immediato e fuibile anche per i nuovi iscritti. Il tutto mentre si rincorrono voci di un possibile interesse d’acquisto da parte di Google, per rilanciare un social che non riesce ad andare oltre la soglia dei 300 milioni di utenti attivi al mese. Nel frattempo, non resta che utilizzare le nuove feature per dare visibilità alla propria attività.

Instagram, con Color e Fade più libertà di personalizzare

Oltre alle due funzioni di editing, il social delle immagini lancia anche la ricerca per hashtag da desktop e un layout per creare collage

E’ uno dei social con i più alti tassi di crescita. Eppure Instagram non accenna a riposare sugli allori, e sforna novità a ritmo continuo. Ora è il turno di Color e Fade, due nuove opzioni di editing a disposizione degli utenti.
Con Color è ora possibile lavorare le immagini in base alle tonalità predominanti (blu, giallo, rosso, ecc.). Con Fade, invece, i toni vengono ammorbiditi in modo da creare un gioco di dissolvenze che in qualche modo rende vintage l’immagine.
Le due nuove funzioni permettono livelli di personalizzazione delle foto mai raggiunti in precedenza da Instagram, ed eviteranno forse d’ora in avanti che gli utenti si rivolgano ad altre applicazioni (ad esempio a VSCO) per l’editing delle immagini.
Ma le novità in casa Instagram non si fermano qui. La versione desktop del social delle immagini è sempre stata fortemente penalizzata, e limitata nell’utilizzo, rispetto alle app per i dispositivi mobile. Ora gli sviluppatori hanno posto almeno parzialmente rimedio a questa lacuna introducendo la possibilità di effettuare ricerche per hashtag (che su Instagram sono popolari come e più che su Twitter) anche da pc.
Infine, Instagram non poteva rinunciare ad una propria app per comporre layout, che si chiama appunto Layout. Graficamente accattivanti, i layout sono i quei collage in cui più immagini concorrono a formarne una sola. Disponibile al momento solo per iOs, la nuova app permette di ingrandire o rimpicciolire, spostare o ruotare a piacimento ogni singola immagine del collage; il tutto all’interno di una cornice a scelta. Un’altra opzione è photo boot, che introduce un conto alla rovescia prima degli scatti di nuove foto: in questo modo, le immagini finiscono automaticamente a comporre un layout nuovo di zecca.
Insomma, tanta carne al fuoco per Instagram. Che punta a diventare sempre più divertente da usare, ma anche più professionale. E quindi sempre più indispensabile per chi gestisce il social media marketing di un’attività o di una struttura ricettiva.

martedì 7 aprile 2015

Twitter lancia Curator, la nuova app in stile Storify

Il tool permette di raccogliere tweet e Vine per uno specifico argomento e metterli in ordine per raccontare una storia

Molti conoscono Storify. E’ uno strumento che permette di mettere in ordine il materiale presente su piattaforme come Facebook, Twitter, Instagram, Flickr e Youtube riguardo ad uno specifico argomento, e presentarlo come una storia multimediale. Semplice da usare ed elegante alla vista, Storify è tutto nel proprio motto: “Make the web tell a story”.
Ebbene, a quanto pare Twitter gli ha dichiarato guerra. Lo ha fatto presentando Curator , un tool per molti aspetti simile. Innanzitutto, Curator permette di effettuare ricerche molto più precise e dettagliate. Oltre a quella per hashtag, infatti, è possibile selezionare i tweet per geolocalizzazione, numero di parole o tipo di smartphone utilizzato. Oltre ai tweet, è possibile cercare anche Vine, ovvero i diffusissimi video da sei secondi caricati tramite l’omonima app. A questo punto, un po’ come Storify anche Curator permette di mettere in ordine i contenuti trovati, scegliendo tra diversi criteri, e pubblicare il tutto.
Infine, la app consente l’accesso ad analytics più dettagliate, che permettono di analizzare in tempo reale tendenze e conversazioni e, nelle intenzioni degli sviluppatori, capire quali argomenti diventeranno virali prima che la massa se ne accorga (e poterne quindi parlare per primi).
Curator dovrebbe anche permettere una maggiore diffusione dei tweet tra coloro che non usano Twitter. Sempre più spesso, infatti, i contenuti del social dei cinguettii vengono mostrati su altre piattaforme, on line e off line: la nuova app dovrebbe essere un buon modo per incrementare questa tendenza.
Insomma, pare che i motivi per provare il nuovo tool non manchino. Non resta che mettersi all’opera, creare la storia che riguarda la propria attività o la propria struttura, e pubblicare il tutto su Curator.


Facebook punta su Riff, l’app per i video collaborativi

Il tool permette di girare un video, attribuirgli un tema e lasciare che altri aggiungano il loro contributo

Il product manager di Facebook, Josh Miller, racconta  che gli sviluppatori hanno fatto molte ore di straordinario per creare Riff, e che l’idea è partita dall’Ice Buckett Challenge della scorsa estate. Il concetto alla base della nuova app è semplice: creare video collaborativi. E’ sufficiente pubblicare un video, assegnargli un tema, per esempio #visiteincantina, e lasciare che altri utenti aggiungano il loro contributo.
All’avvio di Riff, la schermata mostra i video già pubblicati e ai quali è possibile contribuire. L’apposito pulsante consente di selezionare un argomento tra quelli già esistenti, oppure crearne uno nuovo. Oltre che sulla app, i video sono visibili su www.321riff.com, mentre su Facebook compare solo il link, senza anteprima, per evitare che qualcuno percepisca il contenuto come spam. Riff non prevede like o commenti: conta solo il numero di visualizzazioni. Già disponibile in italiano, Riff si può scaricare dall’Apple Store e dal Google Play.
Il lato interessante? Evidentemente, ogni volta che un nuovo iscritto a Facebook partecipa al video, il suo contributo, e di consegnenza quelli precedenti, compaiono nelle bacheche di tutti i suoi amici. L’ideale, per rendere virale un contenuto.
Per chi gestisce una struttura ricettiva, la potenziale utilità di Riff appare evidente: invitare i clienti a partecipare ai video creati, in modo da aumentare la visibilità (e la brand reputation) on line della propria attività.