mercoledì 29 ottobre 2014

Sito mobile, come deve essere e perché

Una serie di consigli per far rendere al meglio la versione mobile del proprio sito, direttamente da Google per Developers

“Gli utenti mobile tendono ad essere molto orientati all’obiettivo. Si aspettano di ottenere quello che vogliono da un sito mobile facilmente, immediatamente e alle loro condizioni. Per aver successo bisogna disegnare un sito avendo in mente il loro contesto e i loro bisogni senza sacrificare la ricchezza dei contenuti.”
E’ quanto scrivono quelli di Google for Developers nel loro studio pubblicato lo scorso aprile. Seguono una serie di consigli per rendere il sito mobile davvero user friendly ed efficace.
Innanzitutto, consigliano i tecnici di Mountain View, l’utente che accede al sito da smartphone dovrebbe essere reindirizzato in automatico alla versione mobile. Una volta atterrato sul sito, poi, l’utente deve trovare un menu principale chiaro, immediato e dalla grafica semplice.
Dal momento che chi accede al sito da telefono ha spesso qualche necessità ben specifica (prenotare, inviare un’e mail, cercare il numero di telefono della struttura per chiamarla), le relative call to action devono essere bene in vista, facili da raggiungere ed immediate da compiere. Google consiglia di posizionare i relativi pulsanti al centro della schermata. Particolare rilievo va dato al numero di telefono (spesso è l’unica informazione che cerca chi accede al sito di una struttura da mobile): dev’essere immediato da trovare, e soprattutto deve essere possibile far partire la telefonata con un solo tocco sul display (la classica icona della cornetta).
A proposito di display e schermate: i tipici gesti che tutti noi facciamo con le dita per “ingrandire” o “rimpicciolire” un contenuto su uno schermo touch rendono la navigazione da mobile un’esperienza unica, questo lo sappiamo. Ma per la relativa versione del sito della propria struttura, è bene che tutti i contenuti siano ben leggibili alla prima occhiata, senza bisogno di “allargare” con il tipico movimento delle dita a pinza. Immediatezza prima di tutto, insomma.
Infine, anche per la versione mobile del sito è fondamentale tenere d’occhio le performance tramite Google Analytics. I parametri da controllare sono gli stessi della versione desktop: basso tasso di rimbalzo, buon tempo di permanenza, buon numero di pagine visitate, e maggior numero di visite alla pagina con i prezzi o a quella con le call to action per chiedere informazioni o prenotare. Basta accedere all’Analytics del proprio sito e controllare la sezione “mobile”.
Un sito che soddisfa i requisiti elencati da Google for Developers, ed ottiene buone performance secondo Analytics, sarà efficace e user friendly anche da smartphone. Altrimenti, sarà il caso di correre ai ripari e chiedere ad un’agenzia di professionisti di creare una buona versione mobile, pena il rischio di restare indietro rispetto alla concorrenza, perdere traffico e, soprattutto, clienti.



Recensioni on Line integrate nella classificazione alberghiera?

E’ la proposta della Organizzazione Internazionale del Turismo per ridurre il gap tra aspettative ed esperienze

“E questo sarebbe un quattro stelle?”. E’ capitato a tutti, almeno una volta, di porsi una domanda del genere. Si visita il sito della struttura, si vedono le foto, si conta il numero di stelle, ma una volta in loco ci si rende conto che la realtà è ben diversa da quanto promesso. La classificazione alberghiera, insomma, ha da tempo perso autorevolezza e credibilità.
Sull’altro piatto della bilancia, il peso delle recensioni on line è cresciuto in modo esponenziale. La maggior parte dei viaggiatori, ormai, dà un’occhiata alle reviews di Tripadvisor o Booking prima di prenotare in una struttura.
Parte da queste considerazioni, la proposta dell’Organizzazione Mondiale del Turismo: integrare le recensioni on line nella classificazione alberghiera. Secondo l’OMT, tale integrazione porterebbe vantaggi sia per gli utenti che per le strutture, con ricadute positive sull’industria turistica.
Sempre per l’OMT, i due criteri vanno integrati in quanto entrambi parte, in momenti diversi, del processo decisionale da parte del viaggiatore: le stelle costituiscono un primo criterio di scelta, ma il filtro finale avviene grazie alle recensioni.
E quelle false? Il problema esiste, ammettono quelli dell’OMT, ma il grande numero di recensioni, spalmato su piattaforme differenti, fa sì che quelle false siano statisticamente poco rilevanti.
Seguono alcuni case history nazionali. In Norvegia, per esempio, il QualityMark Norway ha sviluppato un sistema che prevede la piena integrazione della reputazione on line di una struttura nella sua classificazione. In Svizzera invece ci sono andati più cauti ed hanno scelto una via intermedia: la classificazione alberghiera e l’aggregato delle recensioni vengono messe a confronto, ma non completamente integrate.
L’OMT avanza una terza proposta, a metà strada tra le due precedenti, in cui i dati delle recensioni vengono aggregati e valutati da un ente preposto, quindi pesati in base alla categoria di riferimento e paragonati rispetto ad un benchmark predefinito per stabilire se la struttura si pone al di sotto, al di sopra o in corrispondenza della media di mercato. In seguito al risultato conseguito, infine, la struttura può essere promossa o retrocessa di categoria.
Secondo l’OMT, come detto, con un sistema del genere il vantaggio è doppio, per gli utenti e per le strutture. I primi vedrebbero ridotto il gap tra aspettative ed esperienze. Le seconde, dal canto loro, potrebbero sfruttare l’accresciuta autorevolezza della propria reputazione on line per spuntare tariffe migliori (anche la certificazione, insomma, si paga).
Tutto questo, ovviamente, si applicherebbe alle strutture ricettive classificate come Hotel. Il discorso è però interessante anche per piccole realtà, come agriturismo e B&B, in cui da anni si parla di un sistema di classificazione autorevole e riconosciuto ovunque: pensarlo integrando la reputazione on line potrebbe essere un modo per guadagnare prestigio agli occhi degli utenti.

martedì 21 ottobre 2014

Facebook punta sulla pubblicità di quartiere

Con i local awareness è possibile intercettare i potenziali clienti quando si trovano nei paraggi

Intercettare i clienti, o potenziali tali, quando transitano nei paraggi della struttura: il marketing di prossimità non è certo un’idea nuova, anzi, ha tratto naturale impulso dalla diffusione di dispositivi mobili dotati di gps. Ma ora potrebbe conoscere un’ulteriore evoluzione grazie a Facebook e alla nuova feature per le Ads: i Local Awareness volti, appunto, a mostrare annunci pubblicitari a chi si trova dalle nostre parti.
A dire il vero, il sistema di profilazione per gli annunci pubblicitari del social in blu ha sempre previsto la possibilità di definire il perimetro entro il quale rendere visibili le proprie inserzioni; ma ora sarà possibile profilare davvero il target della campagna per chi transita nelle immediate vicinanze: fino a 1 km dalla struttura.
Come specificano quelli di Facebook, i Local Awarness sono un tool distinto dal resto delle Ads, dotato di peculiarità e obiettivi specifici. Per esempio, al loro interno non è possibile profilare il target dei destinatari per interessi o abitudini, ma solo per sesso ed età: trattandosi di persone che si trovano nei paraggi, si presume infatti che il loro numero sia generalmente troppo piccolo per essere ridotto ulteriormente tramite profilazioni troppo restrittive. Se da un lato dispongono di meno strumenti, dall’altro i Local Awarness risultano però molto semplici da usare e alla portata di chiunque, anche di chi si trova magari in soggezione di fronte alla complessità delle Ads (e del Power Editor).
Tra le call to action proposte dai Local Awarness all’utente, pare che compaia la possibilità di cliccare “mi piace” alla Pagina Fan che si sta promuovendo, oppure di cliccare su “get direction” affinché il dispositivo calcoli in automatico distanza e percorso migliore per raggiungere la struttura: tutto molto semplice, chiaro ed intuitivo, insomma.
La nuova feature è stata introdotta negli USA, e sarà disponibile nel giro di pochi mesi in diversi altri Paesi, dicono Zuckerberg e i suoi.
I Local Awarness sono un nuovo, interessante strumento per chi fa social media (local) marketing: non resta che farsi trovare pronti al loro arrivo per sfruttarli al meglio.






Turismo Digitale in Italia: ecco i numeri

La School of Management del Politecnico di Milano ha presentato al TTL di Rimini la prima edizione dell’Osservatorio innovazione digitale nel Turismo

I numeri del turismo in Italia sono stazionari, ma il Digitale è in forte crescita. Questa, in estrema sintesi, la notizia riportata dalla School of Management del Politecnico di Milano, che all’ultimo TTL di Rimini ha presentato il primo Osservatorio sull’innovazione digitale nel Turismo.
In cifre: gli acquisti nel settore travel in Italia raggiungono la cifra di 31,5 miliardi di euro, praticamente la stessa dell’anno precedente. A fare la differenza sono le transazioni digitali, che raggiungono i 9 miliardi con un incremento del 10%.
Altro dato interessante: gli acquisti digitali effettuati da turisti italiani, sia per viaggi in patria che all’estero, si assesta sui 7 miliardi (anche qui, con una crescita del 10%) e costituisce il 22% della spesa complessiva per i viaggi sostenuta dagli italiani.
Non solo: pare non arrestarsi la crescita del mobile. Se l’acquisto di smartphone e tablet ha registrato l’ennesimo incremento, addirittura con un +40% rispetto al periodo precedente, le transazioni effettuate da mobile costituiscono oramai il 5% del totale.
Ora, però, arrivano le dolenti note: della spesa digitale complessiva, soltanto il 14% va direttamente alle strutture (per con un incremento del 4% rispetto al periodo precedente). Della restante parte: ben il 74% va ai trasposti, e il 12% ai pacchetti turistici.
Ma come si distribuiscono le transazioni digitali a favore di strutture italiane? Un 25% proviene dalle OTA, il 20% da Agenzie di viaggio e Tour Operator, mentre un buon 44% è diretto.
Ad una prima occhiata, insomma, emerge un quadro contraddittorio: se da un lato, infatti, l’innovazione digitale porta con sé vantaggi e opportunità, dall’altro pare che non sempre le strutture siano pronte per coglierle, soprattutto per quanto riguarda la disintermediazione. Ad esempio, solo una piccola parte di esse si è dotata di un sito responsive, in grado di essere davvero mobile-friendly.
C’è insomma ancora molto da lavorare da parte di tutti sotto l’aspetto della formazione, affinché la rivoluzione digitale, social e mobile, e le opportunità che porta con sé, non sfuggano alle piccole strutture ricettive italiane.

lunedì 13 ottobre 2014

Alla scoperta di Atlas, la pubblicità globale di Facebook

Le cose fondamentali da sapere sul nuovo strumento per le campagne pubblicitarie del social in blu

Questa volta hanno fatto le cose in grande. Come avevamo annunciato , Zuckerberg e i suoi hanno lanciato Atlas, il nuovo strumento per pianificare le campagne pubblicitarie al di fuori di Facebook. Si tratta evidentemente di un’evoluzione importante per il social di Menlo Park, nonché di un guanto di sfida nei confronti di Google per il predominio nel mercato della pubblicità on line.
Ma quali sono le cose fondamentali da sapere su Atlas? Innanzitutto la notizia principale: per la prima volta, con Atlas Facebook farà pubblicità all’esterno della propria piattaforma. Siti, blog, testate giornalistiche: ogni pagina potrà essere luogo di colonizzazione per gli annunci pubblicitari del social in blu, in diretta concorrenza con le Google Ads. L’obiettivo di Facebook sarà il solito: aumentare il numero di visualizzazioni per ogni annuncio, presso un target di utenti profilato in modo sempre più preciso.
A Menlo Park annunciano poi un’altra novità rivoluzionaria: per tracciare le attività on line degli utenti al fine di misurare le performance delle campagne pubblicitarie, Atlas non ricorrerà ai cookies. Ritenuti poco affidabili, e soprattutto non funzionanti sui dispositivi mobile, i “biscottini” vengono abbandonati a favore di nuove tecniche che con tutta probabilità tengono conto della navigazione degli utenti mentre questi tengono aperta la scheda o l’applicazione di Facebook sul loro dispositivo. In questo modo il tracciamento avverrebbe (il condizionale è d’obbligo) in modo molto più preciso, e consentirebbe di misurare in maniera accurata le performance di ogni campagna. Chi non è incentivato a spendere soldi, se sa di poter controllare nel dettaglio il ritorno del proprio investimento?
Ma non finisce qui. Zuckerberg e i suoi fanno un altro annuncio importante: “abbiamo ricostruito Atlas da zero per affrontare le sfide di marketing di oggi, come raggiungere le persone reali, qualunque dispositivo utilizzino, e colmare il divario tra le visualizzazioni online e gli acquisti offline”.
Connettere le campagne on line alle vendite off line sarebbe l’ultimo, fondamentale passaggio per rendere le conversioni davvero tracciabili, o almeno un grande numero di esse. Come hanno intenzione di riuscirci, quelli di Facebook? Per il momento, non è dato saperlo.
Non resta che tenersi aggiornati, con una consapevolezza: conoscere Atlas e saperlo utilizzare potrebbe rivelarsi presto molto importante per chi gestisce una struttura ricettiva e intende fare campagne pubblicitarie on line che funzionino davvero.

La Content Strategy: cos’è e come usarla

Come il fratello storytelling, è un metodo per raccontarsi e conquistare clienti

Come faccio a “raccontarmi?” Chi gestisce una struttura ricettiva e la sua relativa presenza on line, dal sito aziendale, ai social, al blog, si pone spesso questa domanda: come faccio a comunicare davvero ai clienti, o potenziali tali, chi sono e cosa ho da offrire loro? Si tratta di un quesito solo apparentemente banale, perché trasmettere la propria identità a chi non ci conosce è un’impresa tutt’altro che facile.
A questo scopo, si parla spesso di storytelling,, ovvero della tecnica che permette di catturare l’attenzione degli utenti a partire da una storia. Con la content strategy si fa un passo oltre, o meglio si ribalta il punto di partenza: si inizia dal nucleo della comunicazione della propria struttura per costruirci attorno una storia che renda il tutto avvincente e facilmente comunicabile.
Chi intende mettere in pratica una content strategy relativa alla propria struttura, deve partire da alcune domande fondamentali. Qual è il contenuto che voglio comunicare riguardo alla mia struttura? In che stato si trova al momento? Buono o migliorabile? Come diventerebbe, il mio contenuto, una volta ottimizzato e reso davvero efficace? In quale contesto è nato il mio contenuto, ed in quale si trova ad agire oggi?
Come si può facilmente notare, sono domande che portano a riflettere sull’essenza più intima e sull’identità di un’attività, di un luogo, di una struttura. Soprattutto, sono domande rivolte sia al passato, che al presente, che al futuro: l’ideale per costruirci intorno una storia, insomma. Romanzare, inventare al fine di rendere tutto il più avvincente possibile (ed efficace da comunicare ai clienti o potenziali tali).
Come in ogni storia che si rispetti, ci sarà un’ambientazione e poi ci saranno i buoni, i cattivi, e anche gli eroi. I buoni (e gli eroi) saranno inevitabilmente il brand ed i clienti, in modo da innescare quel processo di identificazione che sta alla base di ogni fidelizzazione. A tale scopo, sarà bene fissare degli obiettivi (i finali della storia): se si riuscirà a trovare obiettivi comuni e condivisi da brand e clienti, si avrà fatto centro (e in effetti tutto il marketing si basa sull’assunto che un brand di successo debba soddisfare i bisogni e le aspettative dei suoi clienti).
Va da sé che il ruolo dei “cattivi”, o degli antagonisti, a questo punto va ai competitors. Ora che ci sono tutti gli elementi, l’unica cosa da fare è costruire la trama, la storia da raccontare. Qui non ci sono limiti all’immaginazione, con un solo, importante paletto: mai perdere di vista gli obiettivi finali. Altrimenti tutto perde di efficacia.
Insomma, dallo storytelling alla concent strategy: comunicare la propria storia, la propria identità più intima ed i propri sogni ai propri clienti è il modo migliore per conquistarli. Non resta che provare.

martedì 7 ottobre 2014

I contenuti e l’effetto “un articolo tira l’altro”

Che si tratti di un blog o della Pagina Fan su Facebook, inserire nei post link che rimandano a contenuti precedenti è un ottimo modo per fidelizzare il lettore e far crescere l’engagement

E’ una tecnica che adottiamo anche in questo blog. All’apparenza semplice, ma che necessita di un certo senso strategico per essere impiegata con profitto. Si tratta del ricorso a link che rimandano a contenuti pubblicati in precedenza, con lo scopo di trattanere più a lungo il lettore affinché si fidelizzi, aumentare l’engagement e ottenere l’effetto “un articolo tira l’altro”.
Un esempio concreto? Beh, visto che parliamo di blog, in passato ci siamo chiesti: vale la pena per una struttura ricettiva averne uno? Se ti interessa la domanda, qui trovi un paio di risposte.
Se ti abbiamo incuriosito e hai cliccato sul link per andare a leggere quel vecchio pezzo del febbraio 2014, vuol dire che l’effetto “un articolo tira l’altro” ha funzionato. Questa tecnica serve ad ottenere un altro risultato importante: fa molto bene in termini di SEO, quindi aumenta la visibilità del blog sui motori di ricerca per determinate parole chiave.
Non solo. La tecnica dei link interni può funzionare anche fuori dal blog. E del resto, non tutti ne hanno uno. Ma moltissime strutture ricettive, ormai, hanno una Pagina Fan su Facebook. E l’effetto “un articolo tira l’altro” si può ottenere anche qui. In due modi distinti: con link esterni (per esempio, appunto al blog), ed interni (cioè a post pubblicati in passato sulla Pagina.
In riferimento ai primi, il social di Zuckerberg tenderà a premiarli se noterà che i fan ci cliccano su e che portano interazioni. Ovvero, che presumibilmene si tratta di contenuti di qualità. Come del resto abbiamo già scritto una delle ultime novità dell’algoritmo di Facebook riguarda proprio la scelta di premiare in termini di visibilità i link che rimandano a contenuti esterni di qualità.
In riferimento invece ai link che rimandano a post pubblicati in passato sulla stessa Pagina Fan, inutile dire che tendono a piacere molto a Facebook, per il semplice motivo che contribuiscono a trattenere l’utente sulla piattaforma: tenderanno quindi ad ottenere una buona visibilità.
Che si tratti del blog o della Pagina Fan, la strategia dei link interni va ovviamente adottata “cum grano salis”: senza esagerare, perché inserire un link ad ogni parola non solo è antiestetico, ma anche controproducente; e soprattutto tenendo bene a mente una strategia comune sul lungo periodo: è importante che le parole chiave dei link restino simili anche a distanza di mesi o anni.
Si può anche pianificare un percorso editoriale che porta a pubblicare articoli dedicati ad uno specifico argomento in un determinato giorno della settimana, o in una certa settimana del mese, per esempio sempre la terza. E’ un modo per abituare il lettore a trovare certi contenuti quando se lo aspetta – lo adottano anche i quotidiani, del resto – e a cliccarci su per andare a rileggere i vecchi articoli.
Insomma: la tecnica dell’ ”un post tira l’altro” suggerisce un sacco di spunti. Come al solito, non resta che provare a metterli in pratica, sperimentare e stare a vedere l’effetto sortito sui propri lettori.


Avere successo su Pinterest: i consigli del social degli spilli

Alcune dritte provenienti dagli uomini del “social dei desideri” per ottenere visibilità

Pinterest è facile, divertente da usare, piace a molti (soprattutto alle donne) ed è il primo social network nelle statistiche sul passaggio dalla visualizzazione di un contenuto all’acquisto on line.
Tutto molto bello, ma riusciamo a ottenere visibilità con le immagini che pubblichiamo? Per dare una mano a chi si pone questa domanda e magari gestisce l’account di una struttura ricettiva, lo staff di Pinterest ha inviato un articolo agli iscritti alla sua newsletter “Pinterest for business”, contenente 5 consigli su come pubblicare Pin di successo. Eccoli qui di seguito.
Pensare mobile-friendly: la maggior parte degli utenti di Pinterest vi accede da smartphone o tablet. E’ molto utile, quindi, pubblicare foto verticali, e corredarle di didascalie brevi e concise. Può servire anche accedere alle proprie bacheche da mobile per vedere “l’effetto che fa”.
Evitare i collage. Soprattutto nel caso di strutture ricettive o paesaggi, i collage contenenti troppe immagini rischiano di risultare pasticciati, confusi ed antiestetici. Meglio condividere le foto singolarmente.
Didascalie brevi sì, ma presenti e con link. Ok la sintesi nella descrizione delle immagini, ma un rimando alla struttura deve sempre essere presente, altrimenti tutto il lavoro sarà inutile. Meglio se bilingue. Fondamentale, ovviamente, anche un link al sito.
Non puntare sulle offerte speciali. Può venire istintivo pubblicare contenuti legati a sconti e promozioni, ma si tratta di un possibile boomerang: le offerte speciali limitate nel tempo prima o poi finiscono, e si rischia di ritrovarsi in bacheca pin non più attuali o peggio “scaduti”, con un pessimo effetto per chi li visualizza.
- Ricorrere ai marketing territoriale mediante l’utilizzo dei place pin. Cosa sono i place pin? Ne abbiamo parlato qui.
Idee e spunti per “board” di successo sul social dei desideri. La tua struttura ricettiva è pronta?