lunedì 28 aprile 2014

Cos’è Nearby Friends, la nuova opzione di Facebook

Il social in blu dà ora la possiblità di scoprire quali amici ci sono nelle vicinanze: una nuova possibilità di marketing di prossimità?
Immaginate di essere a passeggio per il centro storico della vostra città. Aprite Facebook dallo smartphone, scrollate la bacheca e ad un certo punto scoprite che due vostri cari amici stanno facendo aperitivo in un locale appena dietro l’angolo. Non ci pensate un attimo: li raggiungete per un saluto.
Il tutto è possibile grazie alla nuova feature introdotta dagli uomini di Zuckerberg: si chiama Nearby Friends e permette di scoprire quali amici ci sono nei paraggi. E’ disponibile, per ora solo negli USA, sia per iPhone che per Android.
L’opzione ha scatenato le proteste di quegli utenti che tengono in modo aprticolare alla propria privacy, ma Facebook ha tranquillizzato tutti: Nearby Friends è attivabile e disattivabile a propria discrezione in qualsiasi momento, e si può scegliere se rendere disponibile la propria esatta posizione, o soltanto il fatto di trovarsi nei paraggi.
Ma al di là degli aspetti legati alla privacy, ciò che appare interessante è che Nearby Friends potrebbe presto rivelarsi un raffinato strumento di marketing territoriale: incentivare i propri clienti a far sapere ai propri amici che si trovano nel nostro locale è la leva su cui ha basato il proprio successo Fousquare, per esempio; ma è evidente che la visibilità garantita da Facebook presso una platea molto più vasta è tutt’altra cosa.
Nuove frontiere del marketing di prossimità, quindi, ma non solo: un’altra opzione di Nearby Friends permette di scoprire dove si trovano i propri amici mentre sono in viaggio in un’altra città o in un altro paese: a noi tutto questo suggerisce immediatamente mille idee di social media marketing, e a voi?

Tripbarometer: ecco tutti i trend di viaggio per il 2014

Il sondaggio biennale promosso da Tripadvisor svela interessanti sorprese (si può essere ottimisti)

Tripbarometer è un sondaggio condotto da Tripadvisor a livello internazionale per capire quali sono le tendenze di viaggio più in voga nel momento: tra febbraio e marzo di quest’anno sono stati 50.000 i viaggiatori e 10.000 gli albergatori che hanno compilato il questionario.
Non mancano le sorprese, e sono nella maggior parte dei casi positive. Innanzitutto, gli utenti hanno dichiarato di essere disposti a spendere di più rispetto al recente passato: un altro, piccolo segnale che forse, se anche non si può proprio parlare di ripresa, il periodo più nero della crisi è alle spalle. Altra buona notizia: l’Italia è, insieme all’Australia, la metà più desiderata a livello internazionale. Se esiste la domanda, verrebbe da dire, non resta che intercettarla…
Già, ma cosa cerca di preciso il turista medio? Altra sorpresa: tra le risposte più comuni, c’è la ricerca di un’esperienza autentica. Sentirsi viaggiatori più che turisti, o meglio ancora sentirsi “parte del luogo”. Ed in questo, grazie alle mille chicche nascoste fuori dai circuiti turistici mainstream e che offrono esperienze di viaggio alternative, possiamo tranquillamente affermare che l’Italia non teme rivali.
Altra tendenza da monitorare con attenzione: la vacanza viene in genere pianificata con largo anticipo (3-4 mesi) ma prenotata all’ultimo momento (2-4 settimane). Un buon motivo, per gli albergatori, per pensare a strategie di marketing sempre più last minute.
Tra gli altri risultati, si confermano l’importanza del wi-fi per la scelta della struttura, e l’eterno braccio di ferro tra prenotazioni dirette e OTA (per ora si registra un sostanziale pareggio).
Infine, le recensioni on line sembrano essere sempre più decisive. Ma trattandosi di un sondaggio condotto da Tripadvisor, era difficile immaginarsi una conclusione diversa…

martedì 22 aprile 2014

Hashtag: quando, come e perché


Sono ormai una moda e spesso vengono usati a sproposito. Ecco alcune semplici regole per renderli efficaci, social per social

Sono un po’ la moda del momento, tanto che sono usciti dai social per sbarcare anche su carta stampata e tv: parliamo degli hashtag, i simboli a forma di cancelletto che anteposti ad una parola o ad un insieme di parole concatenate servono per raggruppare le conversazioni per categorie. Un utilizzo così massiccio crea spesso problemi: hashtag usati male, solo perché fa tendenza e per darsi un tono, finiscono con il non servire a niente e creano un danno anche a chi li utilizza in modo professionale.
Ecco qui di seguito alcuni consigli per un utilizzo consapevole del “cancelletto magico”, social per social.
Innanzitutto, Twitter. Il social dell’uccellino blu è il luogo che ha lanciato gli hashtag verso il successo, quindi non si può che iniziare da qui. Con una semplice constatazione: i tweet che contengono hashtag ottengono il doppio di engagement rispetto a quelli che non ne contengono. Attenzione a non esagerare, però: capita a volte di leggere tweet interamente fatti di hashtag; ecco, è bene sapere che il numero di interazioni incomincia a calare per tweet che ne contengono più di due.
Facebook: sull’onda del successo di Twitter, la notizia dello sbarco degli hashtag su social di Zuckerberg fu annunciata in pompa magna come la loro definitiva consacrazione. In realtà, si è trasformata nel più grande flop del curriculum dei cancelletti: ad oggi, un post senza hashtag ha più successo di uno che ne contiene. A conferma che ogni social possiede le proprie regole ed una community di utenti con le proprie abitudini.
Tutto l’opposto invece per Instagram, il social delle immagini quadrate in stile Polaroid: qui infatti il numero di interazioni ottenuto da un’immagine continua ad aumentare anche quando gli hashtag sono più di 10: indispensabile corredare un’immagine con un buon numero di etichette, su Instagram, se si vuole che abbia visibilità. Qualcosa del genere accade anche su Pinterest, anche se in questo caso il numero di hashtag ideale è di 2-3.
Insomma, social che vai, regola che trovi. L’importante è avere le idee chiare per poter utilizzare gli hashtag non come un semplice orpello alla moda, ma come un vero e proprio strumento di social media marketing.
strumento

Social e colore: quale usare?


E’ la componente visiva che più caratterizza un’immagine: ma quali colori utilizzare?

Un’immagine vale più di mille parole. Lo abbiamo detto e ripetuto: il potere delle immagini ha trovato nel social media marketing una nuova consacrazione. Ma c’è un dettaglio che non può sfuggire: la componente che più determina il successo di una comunicazione visuale è il colore: dalle fotografie al marchio, dal sito web alle pagine social, è spesso questione di sfumature (letteralmente). Vediamo quali sono le tonalità da usare.
Facebook è il re incontrastato dei social, con oltre un miliardo e duecento milioni di utenti: non è un caso se Zucherberg ha scelto per la propria creatura un bel blu: si tratta del colore preferito dal 40% della popolazione mondiale, suggerisce calma e serenità. Il blu è quindi la tinta da scegliere come predominante quando si vuole comunicare l’idea di un luogo disteso, dove (ri)trovare una dimensione intima e rilassata. Una funzione svolta in modo quasi altrettanto efficace dal verde, che inoltre è intimamente legato all’idea della natura.
Il rosso, come si può intuire, suggerisce l’esatto opposto: è il colore della passione e del desiderio. Non è un caso che sia il colore predominante su Pinterest, che è appunto il social dei desideri. Simile al rosso l’arancione: è il colore della gioia e dell’allegria.
Il nero viene spesso associato a sensazioni negative, ma non è sempre vero: è anche il colore dell’eleganza e del lusso. E’ quindi lo sfondo ideale quando si vuole mettere in risalto qualcosa di prezioso e unico, magari abbinato all’oro per una combinazione di sicuro effetto (non è un caso se molte etichette di vini rinomati mostrano una scritta oro su sfondo nero).
Insomma, anche per i colori, le regole non mancano. Sono riassunte in questa  infografica di socialmarketingwriting: come sempre, conoscere i meccanismi della comunicazione è il primo passo per un social media marketing che funzioni. Anche se si tratta di scegliere il colore per una foto o per il sito della vostra struttura.

lunedì 14 aprile 2014

Smartphone e vacanze: come si comportano i turisti europei

Uno studio dell’agenzia eDreams rivela usi e costumi sull’utilizzo dei dispositivi mobile durante i viaggi all’estero. Con molte conferme e poche sorprese

Sempre più connessi. Non è più una novità: il dilagare degli smartphone ha legato le nostre abitudini alla disponibilità di una connessione internet 24 ore su 24, ovunque e comunque. Anche all’estero: il 76% degli intervistati dall’agenzia eDreams ha infatti dichiarato che la presenza di una wi-fi rappresenta una discriminante nella scelta del luogo dove soggiornare.
Ben 9 utenti su 10, infatti, hanno dichiarato di continuare ad utilizzare il proprio dispositivo anche mentre si trovano in vacanza all’estero. Gli scopi? Restare in contatto con famiglia e amici, scattare e condividere fotografie, e cercare informazioni. Poche sorprese, dunque, nella lista delle app più utilizzate: domina Google Maps con un 64%, seguita da Facebook con un 57%. Oltre alle app di messaggistica, come l’ormai onnipresente Whatsapp, e a quelle musicali come Spotify, troviamo poi un buon risultato per Instagram, che ormai vanta una buona diffusione, con un 17%, mentre Twitter e Foursquare si fermano al 6%.
Un ultimo dato rilevante: il 49% degli intervistati ha dichiarato di aver utilizzato almeno un volta il proprio smartphone per effettuare un acquisto durante la vacanza (nella maggior parte dei casi, biglietti per un mezzo di trasporto).
Nessuna sorpresa, quindi, ma dati comunque interessanti perché forniscono preziose informazioni, a chi gestisce una struttura turistica, su quali canali utilizzare nelle proprie strategie di social media marketing per intercettare i viaggiatori stranieri. Con un occhio di riguardo per il marketing di prossimità, che potrebbe rivelarsi sempre più strategico nei prossimi anni.

Tripadvisor: il guaio delle false recensioni

Il problema è stato portato alla luce durante la trasmissione Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24

False recensioni: che guaio. I dirigenti di Tripadvisor si affannano a minimizzare, ma è ormai sotto gli occhi di tutti che il problema esiste, ed è pure piuttosto grosso.
Se n'è occupato recentemente Giovanni Minoli all’interno della trasmissione Mix24 in onda su Radio24 il 9 e il 10 aprile scorsi, con due puntate dedicate all’argomento. Uno dei guai principali, come ha sottolineato Giuliano Pacini, membro del FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) Toscana, risiede nell’anonimato del recensore. Un’idea, inoltre, per rendere più difficili le false recensioni, sarebbe imporre l’obbligo di allegare una ricevuta del locale.
Per dimostrare la facilità con cui è possibile pubblicare false recensioni su Tripadvisor, mentre Minoli stava intervistando Pacini, sul portale sono comparse due recensioni proprio a firma del noto conduttore, in cui il medesimo criticava pesantemente i due locali di Pacini. Recensioni ovviamente false e pubblicate con lo scopo di evidenziare le falle del sistema.
Secca la replica di Tripadvisor, che mediante Valentina Quattro, responsabile della comunicazione, smentisce che quello dell’anonimato sia un problema, perché “il recensore è solo il mezzo”, mentre la causa è quasi sempre il gestore del locale.
E’ stato poi portato all’attenzione del pubblico il problema delle agenzie che “vendono” pacchetti di recensioni a pagamento, fenomeno a quanto pare più diffuso di quanto si potrebbe ritenere.
Anche i gestori, infine, che traggono beneficio da Tripadvisor, riconoscono che una progressiva perdita di credibilità del portale costituirebbe un problema per tutti, e che quindi sarebbe opportuno correre ai ripari il prima possibile.

lunedì 7 aprile 2014

Twitter: gli errori da evitare con gli hashtag

Il simbolo del cancelletto è un potente strumento di comunicazione: ecco come non utilizzarlo

Giunto al successo grazie a Twitter, l’hashtag è ormai dilagato sulla maggior parte dei social. Un po’ moda, un po’ efficace strumento di comunicazione, il simbolo del cancelletto necessita comunque di qualche semplice accorgimento per non risultare completamente inutile. Vediamone un paio.
State organizzando un evento per promuovere il vostro territorio? Bene, sappiate che probabilmente #marketingdelterritorio non sarà un buon hashtag. I motivi? Più di uno, ma il più banale è scontato è che si tratta di un hashtag… banale e scontato. E’ molto probabile, infatti, che in diversi altri casi si sia ricorso a quest’hashtag per lanciare sui social eventi di promozione di un territorio. Col risultato che se lo utilizzerete anche voi con l’intento di far conoscere, per esempio, le vostre iniziative legate al Trentino e alle sue mele, chi cercherà l’hashtag #marketingdelterritorio scoprirà un’interessante iniziativa legata ai pistacchi di Bronte. Cercare di creare un hashtag originale, che identifichi con precisione ciò che volete fare, è il primo passo da compiere.
C’è un altro motivo per cui #marketingdelterritorio è un pessimo hashtag: è lungo, e difficilmente memorizzabile. Gli hashtag che funzionano sono brevi, e colpiscono alla prima occhiata, cosicché sarà semplice per l’utente ricordarli e utilizzarli
Insomma: una regola precisa per la creazione dell’hashtag perfetto non c’è, però esiste un atteggiamento che può essere utile tenere: mettersi nel panni del lettore. Cercare di intuire quali possono essere le sue reazioni di fronte ad un determinato hashtag, e comportarsi di conseguenza.
Il social media marketing in fondo è comunicazione, ed ogni buona comunicazione si fonda sull’empatia.



Gogobot: un nuovo gigante nel mondo dei siti travel?


Iniziare e portare a termine la pianificazione di un viaggio su un unico portale è lo scopo della piattaforma. Si può fare?

Le parole di Travis Katz, CEO di Gogobot, sono chiare: “La vera ragione è che ancora vediamo un enorme punto critico da risolvere per ottimizzare l’esperienza dell’utente. Google dice che la maggior parte degli utenti visita almeno 32 siti per organizzare un viaggio. Il nostro obiettivo è di abbattere quel numero.”
Nato quattro anni fa, Gogobot (http://www.gogobot.com) è un portale travel ed ha registrato numeri da record nel 2013, con 15 milioni di visite, +115% rispetto all’anno precedente. Ha lanciato le Gogobot Tribes, community di utenti definite per aree di interesse: avventura, arte e design, lusso, famiglia, zaino in spalla, nightlife. In questo modo gli utenti uniti dalla stessa filosofia di viaggio si possono scambiare pareri, impressioni, consigli, informazioni. E di recente Gogobot ha puntato tutto su un nuovo megamotore di ricerca che amplia ulteriormente la dimensione social del portale: connessioni sociali, recensioni, riprova sociale, fotografie, consigli e possibilità di verificare la disponibilità e prenotare anche da mobile si mescolano in un ambiente estremamente organico e variegato.
Quelli di Gogobt sostengono che grazie alle Tribes e al megamotore la ricerca non è mai stata così personalizzata, e quindi efficace. Lo scopo finale è chiaro: iniziare e portare a termine la pianificazione di un nuovo viaggio restando all’interno del portale. E’ davvero possibile? Difficile rispondere, per ora, ma una constatazione è innegabile: si tratta di una tendenza che accomuna Gogobot alle altre grandi piattaforme travel come Tripadvisor, Trivago, Kayak. La domanda, nonché il dubbio legittimo per chi gestisce una struttura ricettiva, magari di piccole dimensioni è: in questo modo non finiscono con l’essere avvantaggiate solo le OTA? Il rischio pare concreto e come sempre, per cercare di contrastare questi giganti, la strada è una sola: restare sul pezzo, restare aggiornati e soprattutto puntare sulla formazione.