lunedì 22 luglio 2013

Google Penguin 2.0 : ecco cosa cambia

Il motore di ricerca lancia l’ultima versione del proprio algoritmo. Cosa succede alle SERP? E come devono regolarsi per il proprio sito i gestori di strutture ricettive?

I contenuti sono la chiave di tutto. E’ ciò che ci dice Matt Cutts, sviluppatore Google, in questo video, in cui annuncia le novità dei prossimi mesi riguardo Penguin 2.0, l’ultima versione dell’algoritmo di ricerca elaborata a Mountain View.
La tendenza è infatti quella di privilegiare, in termini di posizionamento, i siti che presentano contenuti originali, nuovi e ritenuti di qualità dall’algoritmo del motore di ricerca. Cutts preannuncia nuovi e sempre più raffinati strumenti semantici per scovare e premiare i siti con questo tipo di contenuti, anche per aree tematiche. E non a caso, una delle aree che cita è “travel”.
Cosa implica tutto ciò per chi gestisce una struttura ricettiva, con il relativo sito web? Implica che se si vuole ottimizzarne il posizionamento, occorre prestare sempre maggiore attenzione ai testi, ai termini utilizzati, ai tag. Soprattutto, occorre generare contenuti nuovi e non copiati da altre fonti.
Un altro punto su cui Matt Cutts si sofferma riguarda i link. A quanto pare, Google dichiara guerra ai siti che puntano sul numero di link in entrata per il proprio SEO. D’ora in avanti, evidentemente, premierà di più un solo link da un sito esterno ben posizionato, rispetto a molteplici collegamenti provenienti da fonti di dubbia qualità.
Cosa fare in questo caso? Senza dubbio occorre controllare periodicamente, oltre ai link presenti sul proprio sito, anche i link al proprio sito presenti sul web. Siamo certi che ci portino sempre dei vantaggi? Senza dubbio, in questo senso, appare sempre più utile l’apertura di un blog della struttura, in cui generare contenuti sempre nuovi ed originali, da linkare al sito web.
Matt Cutts di Google preannuncia anche ulteriori ed importanti cambiamenti nei prossimi mesi. A quanto pare, a Mountain View vogliono affinare sempre più le armi del proprio motore di ricerca. Che sia un modo per rispondere alla concorrenza del rivoluzionario (ne abbiamo parlato qui ) Graph Search di Facebook?

Mobile e accessi al sito: la situazione

Una ricerca dell’agenzia inglese Nucleus rivela le ultime tendenze in fatto di visite ai siti web di strutture turistiche realizzate da dispositivi mobile

Il fenomeno mobile, si sa, non è più una novità. Ne abbiamo parlato diverse volte, tra cui qui : il numero di accessi al web da dispositivi mobile sta superando nel mondo quello da pc. E uno degli utilizzi più comuni in chi accede a internet da smartphone o tablet sembra essere proprio la ricerca di destinazioni per i propri viaggi. Questo, com’è ovvio, comporta un’attenta riflessione da parte delle strutture turistiche, che va dalla domanda se creare una versione mobile del proprio sito (http://bit.ly/1601ETj ) al quesito su quale strumento utilizzare a questo scopo tra sito mobile, web app e app nativa (http://bit.ly/Ve42ol ). Per districarsi in questo dedalo di possibili soluzioni, è senz’altro utile conoscere le tendenze dei propri clienti (o potenziali tali).
L’agenzia inglese Nucleus ha effettuato uno studio che si propone di andare proprio in questa direzione: se conosco usi e costumi degli utenti-clienti, posso fornire loro soluzioni che ben si adattano alle loro esigenze, e di conseguenza intercettarli con maggiore efficacia. La ricerca ha preso in esame 10 siti web che si occupano di viaggi, per un volume di 1.700,000 visitatori unici al mese.
La prima riflessione riguarda il target di riferimento di ogni struttura, e di conseguenza del suo sito web: ciò che vale, per esempio, per l’hotel posto in pieno centro in una grande città, non è affatto detto che valga anche per un piccolo agriturismo di campagna. Idem per le strutture che puntano su una clientela business, o per quelle di lusso.
In generale, in ogni caso, a dominare il mercato degli accessi da mobile sono ancora i dispositivi Apple, con oltre il 70% del mercato, sebbene la famiglia Android abbia incrementato notevolmente la propria presenza nell’ultimo anno. Alcuni dati interessanti: tra i siti che hanno come target di riferimento una clientela di alto livello, con propensione al lusso, è un forte crescita l’accesso tramite iPad; mentre i siti web destinati (anche) ad una clientela business resiste una discreta percentuale di accessi da Blackberry.
Insomma: comprendere usi e costumi della propria clientela di riferimento aiuta a capire di quali strumenti dotarsi per andare incontro alle loro esigenze. Monitorare gli accessi al sito della propria struttura tramite Google Analytics e verificare quali dispositivi mobile vengono utilizzati, è ormai una pratica che dovrebbe essere adottata da tutti. Anche per pianificare le prossime campagne pubblicitarie di Adwords.

lunedì 15 luglio 2013

Gli Hashtag e i social: come utilizzarli?

Dopo lo sbarco su Facebook si possono utilizzare ormai ovunque, ma con qualche differenza

Hashtag, che passione. Dopo l’approdo su Facebook (ne abbiamo parlato qui  e qui ) il simbolo # sta spopolando come modo per raggruppare le discussioni per aree tematiche e, nell’ambito del social media marketing, come tecnica per ottenere visibilità. Nel precedenti articoli abbiamo già analizzato la questione in relazione a Facebook, ed abbiamo messo in luce vantaggi e possibili svantaggi di un loro utilizzo non corretto. Ora ci concentreremo su un altro aspetto: gli hashtag sono ormai utilizzabili su tutti i principali Social Network: oltre a Twitter ed a Facebook, li si può trovare anche su Google+, Instagram, Pinterest. Tuttavia sappiamo bene come ogni Social abbia una propria anima, con uno specifico modo di essere utilizzato dai propri utenti, che spesso sono anch’essi differenti da quelli degli altri Social. Questo ci porta a pensare che probabilmente anche un utilizzo ottimale degli hashtag non possa che essere differente sui vari Social Network. Vediamo di capire come.
Di Facebook abbiamo già detto. Molto probabilmente, gli hashtag diventeranno uno strumento in più per le campagne pubblicitarie. Qui possiamo aggiungere che, al fine di aiutare gli utenti-inserzionisti nella scelta, probabilmente sarà utile inserire, come già fa Twitter, la classifica dei trendtopics del momento.
Twitter è il Social che ha reso celebri gli Hashtag. Qual è la sua particolarità? La velocità. Il social dei cinguetti è il posto ideale dove essere aggiornati in tempo reale su tutto ciò che accade nel mondo e sulle ultime tendenze. Qui è d’obbligo utilizzare gli hashtag d’attualità: se è in corso un evento enogastronomico e voi ci siete, twittate ciò che state facendo, magari aggiungendo una foto, ed utilizzate l’hashtag contenente il nome dell’evento.
Su Google+ il discorso è profondamente diverso. Come sappiamo (http://bit.ly/12PKllE ) è importante essere presenti con la propria pagina aziendale sul Social di Mountain View non tanto per catturare l’attenzione degli utenti e potenziali clienti (che su Google + non ci vanno), bensì ai fini di posizionamento e di visibilità on line. Ecco quindi che diventa cruciale l’utilizzo di hashtag che aiutano un’ottimizzazione della propria identità, ed il raggiungimento di quegli obiettivi. Molto spesso, quindi, si tratta delle stesse parole chiave che abbiamo utilizzato sul sito web.
Instagram, come sappiamo, è il social delle immagini in stile vecchie polaroid. E come abbiamo analizzato qui  è uno dei posti migliori dove fare visual storytelling, cioè raccontare per immagini cosa facciamo, cosa cuciniamo (su Instagram letteralmente spopolano le foto di piatti), i dietro le quinte, i momenti speciali come la vendemmia. Sarà quindi utile utilizzare hashtag relativi alle immagini che postiamo, evitando quelli troppo generici, che rischiano di perdersi nel mare del web.
Qualcosa di molto simile avviene su Pinterest: anche qui ci si racconta per immagini, quindi è utile utilizzare gli hashtag più pertinenti con ciò che si pubblica.
In conclusione: l’idea comune è di rafforzare, mediante gli hashtag, la propria identità on line ed il posizionamento semantico della propria attività. Quindi l’utilizzo degli hashtag sui vari Social Network dovrebbe seguire un’unica strategia, collegata anche alle parole chiave da utilizzare sul sito aziendale e ovunque ci sia una nostra presenza on line.

Google, Waze e il local advertising

Il motore di ricerca ha acquistato la celebre applicazione di navigazione. Quali potranno essere le conseguenze?

Google ha acquistato Waze. Per chi non lo sapesse, questa è una delle più celebri e diffuse applicazioni di navigazione gps: scaricabile gratuitamente sui dispositivi iOs, Android e Windows Phone 8, non è un semplice navigatore satellitare. Grazie all’interazione tra gli utenti, infatti, permette di conoscere in tempo reale la situazione della rete stradale: incidenti, code, lavori in corso. Sono gli stessi utenti ad aggiornare continuamente le mappe, contribuendo ad un loro miglioramento costante e alla correzione degli eventuali errori. Quasi 50 milioni di persone in tutto il mondo utilizza Waze, ed ora tutto ciò è stato acquistato da Google.
Tutto molto bello, ma perché questa notizia dovrebbe interessare una piccola struttura che vuole fare marketing nel web 2.0? La risposta sta proprio nelle mappe: Waze utilizza le proprie, sviluppate e costantemente migliorate dagli stessi utenti; ma Google, come ben sappiamo, in tema di mappe non ha nulla da invidiare a nessuno. E’ probabile quindi che, a seguito dell’acquisto, a Mountain View stiano studiando un modo per integrare le Google Maps con Waze, al fine di fornire un servizio sempre più ricco, completo e preciso. Cosa comporta questo? E’ possibile, se non probabile, che chi ha aperto una Pagina Google+ Local finisca in un futuro prossimo con l’essere presente anche su Waze. Ed abbiamo visto quanto questa applicazione sia utilizzata. Evidentemente, quelli di Google credono fermamente nelle potenzialità delle ricerche locali e del marketing di prossimità (ne abbiamo parlato qui).

lunedì 8 luglio 2013

Hashtag su Facebook, facciamo chiarezza

Molti pensano che il loro utilizzo aiuti ad aumentare la visibilità on line della propria struttura, ma spesso non è così.

Hashtag-mania. Dopo lo sbarco su Facebook (http://pro-muoviti.blogspot.it/2013/06/facebook-arrivano-gli-hastag.html) si assiste da parte di molti ad un loro utilizzo massiccio e continuo. Molti operatori di social media marketing sono infatti convinti che l’utilizzo di un hashtag, specie se molto popolare, fornisce visibilità on line alla propria struttura. Ma è davvero così?
Innanzitutto, qual è lo scopo dell’hashtag? Come sappiamo, si tratta a tutti gli effetti di un link-parola chiave: cliccandoci su, si viene reindirizzati ad una pagina che mostra tutti i risultati nei quali compare quel preciso hashtag. Prima conclusione: inserendolo nel nostro post, potremmo ottenere il risultato di far atterrare il nostro potenziale cliente nella pagina di qualcun altro! Inserire link a risorse esterne (quale è appunto un hashtag, anche se indirettamente) è sempre rischioso, ed il pericolo è che l’utente abbandoni il nostro recinto per approdare a quello di un concorrente.
D’altra parte, è pur vero che inserire un hashtag molto popolare (es. #vacanze) in un post, ne favorisce la comparsa nella relativa pagina dei risultati, con una teorica ricaduta positiva intermini di visibilità per la nostra struttura. Anche qui, però, è bene operare un distinguo: gli hashtag più utilizzati sono davvero anche quelli più cercati? Le due cose potrebbero essere ben diverse. Se infatti è comprensibile, considerata la novità un po’ trendy degli hashtag su facebook, ed il periodo estivo, che #vacanze sia molto utilizzato, quanti utenti realisticamente cercano #vacanze su Facebook e ne scorrono i risultati? Appare quantomeno poco credibile che qualcuno decida di pianificare le proprie ferie in questo modo. Quindi, non è detto che gli hashtag popolari siano anche quali più cercati.
Il modo più redditizio di utilizzare un hashtag, è forse crearsene uno personalizzato, per esempio #eguides. In questo modo, ogni qual volta un utente vi clicca sopra, sarà direttamente o indirettamente rimandato ad una nostra attività on line: non uscirà dal nostro steccato e anzi, potrà magari decidere di seguirci perché reputa interessante ciò che abbiamo da dire. Anche in questo caso, però, è bene non esagerare: innanzitutto perché l’utilizzo del simbolo # davanti alle parole, diventato un must per alcuni utenti, provoca vere e proprie crisi di rigetto in molti altri, che lamentano una leggibilità peggiorata dei post (è uno dei limiti di Twitter, da molti ritenuto ostico e criptico per il proliferare di simboli # e @ nei tweet); d’altro canto, inserire un hashtag in un post che rimanda, per esempio, ad una pagina del nostro sito contenente un’offerta commerciale, può distogliere il cliente o potenziale tale dal fare esattamente ciò che noi vorremmo da lui in quel momento: prenotare!

Arriva Google Carousel

Rivoluzionerà le ricerche local, ecco come funziona
Arriva il Carousel. Ce lo comunicano gli uomini di Mountain View, e ci spiegano anche di cosa si tratta. Per ora, la nuova funzione (pensata originariamente per i tablet) è riservata agli USA, ma a breve sbarcherà nel resto del mondo. In pratica, quando cercheremo un hotel, un ristorante, un agriturismo o un B&B in una determinata zona tramite Google, il motore di ricerca non ci fornirà solo i classici risultati elencati uno dopo l’altro lungo la pagina, ma aggiungerà ad essi un “carosello” di risultati suggeriti in cima alla pagina da scorrere in orizzontale, con belle immagini in primo piano. Il Carousel contiene anche risultati derivanti da chiavi di ricerca simili o pertinenti con quella da noi effettuata. Le anteprime contengono un’immagine, il posizionamento su Zagat, il numero di commenti ricevuti e l’indirizzo. Passando il mouse su uno dei risultati, questo compare sulla mappa. Cliccando sulla freccia sulla destra del Carousel, appaiono ulteriori risultati. Gli uomini di Google hanno annunciato la novità qui . Qui sotto, un esempio di Carousel (la lista di immagini in alto).
Ma da dove prende Google i suggerimenti da inserire nel Carousel? Qui viene il bello, perché siamo tutti coinvolti e qualsiasi struttura, potenzialmente, può finire al primo posto. I risultati del Carousel sono infatti estratti dalle Pagine Local sul Google+ (abbiamo parlato qui  dell’importanza di aprire una Pagina della struttura su Google+, e dell’integrazione sempre più spinta con Local che ha sostituito il vecchio Places). Non solo: il posizionamento all’interno del Carousel dipende da un algoritmo che non funziona come quello della ricerca classica (organic), bensì lavora come l’algoritmo della ricerca locale (Google + Local).
Va da sé che con l’introduzione del Carousel diventa ancora più importante avere una Pagina Google+ con belle immagini ed una descrizione concisa ma chiara e precisa (sia per gli utenti che per il motore di ricerca) della struttura. Per il resto, non rimane che attendere che Google Carousel sbarchi anche in Italia per vedere l’effetto che avrà sul marketing territoriale delle strutture ricettive.


lunedì 1 luglio 2013

#InMontefalco con 50 blogger e twistar

Un Social Media Tour promosso dall’Adesso Montefalco per rivoluzionare il marketing territoriale

3 milioni di potenziali contatti. E’ questa la platea, o per meglio dire la “potenza di fuoco”, dei 50 blogger e twitstar invitati dall’associazione Adesso Montefalco all’evento #InMontefalco: una tre giorni che si è svolta dal 28 al 30 giugno in cui le cantine produttrici di Sagrantino hanno ospitato la pattuglia di “player turbovirali delle reti sociali” con eventi, incontri e degustazioni. Le conseguenze? L’hashtag #InMontefalco continua a scalare le classifiche dei trending topics (e abbiamo visto come da un po’ di tempo a questa parte, gli hashtag siano usciti dal mondo di Twitter per invadere l’intero universo social http://pro-muoviti.blogspot.it/2013/06/facebook-arrivano-gli-hastag.html ).
Ma qual è l’aspetto rivoluzionario dell’iniziativa? La novità è che, per la prima volta, non ci si è limitati a coinvolgere solo il mondo dei wineblogger, ma si è voluto andare oltre. Il primo infatti, per quanto assolutamente meritevole di attenzione, paga un grosso limite: una platea ristretta. Gli appassionati di vino che frequentano i luoghi della rete dove si parla di vino sono ancora pochi. Mirando al bersaglio grosso (ovvero le grandi platee) non è detto che non se ne possano intercettare molti altri. Ed è qui che entrano in gioco le twitstar: personaggi celebri tra gli appassionati del social degli uccellini blu, come @lddio e @Diavolo, per i loro tweet ironici, fulminanti e geniali. @Diavolo conta 64 mila follower, @lddio addirittura 140 mila. Inutile dire che un suo tweet pubblicato davanti ad un bicchiere di vino ha una risonanza inarrivabile. E la platea complessiva raggiungibile da tutti 50 messi insieme è stata, come detto, di 3 milioni di utenti. Il tutto, ad un costo molto contenuto.
Così il presidente dell’associazione Luca Preziosi: “La presenza di notissimi blogger e “twitteri” permetterà al territorio montefalchese di essere vissuto in diretta durante la loro permanenza. I social network hanno infatti la capacità di trasferire in tempo reale emozioni, sensazioni, commenti, per non parlare di foto e filmati. Il progetto è stato accolto con entusiasmo e così, non è più dell’associazione, ma di tutti. E’ il primo esperimento in Italia che speriamo possa essere ripetuto nel tempo a Montefalco e replicato anche in altre realtà dell’Umbria e del Paese”.
Ha funzionato? A giudicare dalla reazione della rete alla battuta di @lddio “Non è bene mangiare a stomaco vuoto. Dov’è il vino?”, pare proprio di sì.

Contenuti Social: quando postare?

E’ un dibattito vecchio quanto il web 2.0, ma oggi si arricchisce di nuovi spunti: quando conviene pubblicare contenuti sui diversi social network?

Ne abbiamo già parlato qui a proposito di Facebook: in quali momenti della giornata conviene pubblicare contenuti sulla propria pagina, per raggiungere il numero maggiore di fan e massimizzare le interazioni? Il punto è che oggi Facebook, pur restando il re dei social, non basta più. Sono sempre di più le aziende che aprono un account su Twitter, Google+, Pinterest e Instagram. E non è detto che le stesse regole che valgono per Facebook valgano anche per gli altri social.
Ecco quindi che viene in nostro aiuto un’interessante infografica realizzata da Mycleveragency (http://www.mycleveragency.com/2013/06/how-to-create-the-perfect-social-media-posts/ ). Cosa ci troviamo? Innanzitutto, diversi consigli interessanti, specifici per ogni social, sui contenuti da includere in un post, e sulle tecniche da adottare al fine di renderlo più interessante. Su Facebook, attenzione alle immagini e ai link al proprio sito aziendale. Su Twitter, dove ci si gioca tutto in 140 caratteri, importanza data alla forma di un tweet (sintassi, abbreviazioni, punteggiatura, uso di maiuscole e minuscole), alle menzioni e ai retweet. Su Pinterest, curiosità che non ti aspetteresti: evitare le immagini con volti umani, che ottengono meno repin, e privilegiare quelle con molti colori e luce, che ne ottengono di più. Specialmente le immagini dove predomina il rosso. Su Google+, utilizzare hashtag # ed immagini di grande formato.
Infine, troviamo un’interessante tabella che illustra in quali orari del giorno conviene postare su ogni social network. La regola generale è: non conviene postare quando è aperta la propria attività, ma quando i clienti, o potenziali tali, sono sui social. Fatto salvo questo principio generico, non mancano le differenze. Su Facebook, per esempio, il momento migliore della giornata in cui pubblicare contenuti sembra essere il primo pomeriggio, dall’una alle 4. Il peggiore, dalle 8 di sera alle 8 di mattina. Simile Twitter: dall’una alle tre del pomeriggio il meglio, dalle 8 della sera alle 9 della mattina il peggio. Differisce invece Pinterest, dove evidentemente la gente ama passare le serate: qui è infatti raccomandato pubblicare immagini anche tra le otto di sera e l’una di notte, mentre non conviene farlo quando la gente esce dall’ufficio, tra le 5 e le 7 della sera. Orario (6-8 PM) invece buono su Google+ al pari della metà mattina (9-11 AM).
Insomma, le differenze e gli spunti di riflessione non mancano. E nemmeno le idee per sperimentare qualcosa di nuovo.