lunedì 29 aprile 2013

Il Sito web: idee, suggerimenti e trucchi per farlo funzionare



Anche nell’era del social media marketing, il sito web resta la base della promozione on line. Siamo sicuri di aver capito a cosa serve, cosa vogliamo da lui, e come ottenerlo?

C’è poco da fare: anche nell’era dei social network, di Facebook, Twitter e Google+, una struttura ricettiva non può fare a meno di un sito web ben realizzato, funzionante ed efficace. Ma cosa chiediamo, oggi, al nostro sito aziendale? Il primo fondamentale scopo è, ovviamente, trasformare il visitatore in cliente, ovvero invitare chi è atterrato sul nostro sito a compiere un’azione (inviare un’e mail, telefonare, prenotare on line, ecc). Ma come raggiungere gli internauti potenzialmente interessati? Ecco che entra in scena il secondo scopo del sito: fornire contenuti esclusivi e di qualità (ovvero interessanti) ai motori di ricerca, al fine di migliorare il proprio posizionamento e, di conseguenza, la propria visibilità agli utenti.
Risulta evidente che se manca il secondo passaggio, sarà difficile avere un sito che porti risultati per quanto riguarda il primo. Ma cosa si può fare per ottenere maggiore attenzione dai motori di ricerca? Uno dei primi accorgimenti che è bene adottare è pubblicare contenuti testuali esclusivi, unici. Google odia i contenuti duplicati: se pubblichiamo lo stesso identico testo in più pagine, una o più di queste viene semplicemente ignorata, e non compare nei risultati del motore di ricerca. E’ buona norma, quindi, rimaneggiare testi che abbiamo già pubblicato in passato, se intendiamo inserirli nuovamente nel sito: alcune opportune variazioni nel lessico e nella sintassi sono sufficienti.
Per quanto riguarda i contenuti testuali, inoltre, risulta evidente come giochi un ruolo fondamentale la scelta delle parole chiave. Questa deve avvenire cercando di capire quali sono i termini utilizzati dai potenziali clienti sui motori di ricerca, nel momento in cui si mettono in cerca di una soluzione per la loro vacanza: in una parola, occorre riuscire ad intercettare pensieri, speranze e desideri delle persone. Per fortuna esistono strumenti di analisi della domanda che ci aiutano in questo compito (http://bit.ly/153Ikc0 ).
Un altro aspetto fondamentale da tenere sotto controllo riguarda la credibilità delle nostre affermazioni. Il sito può essere tecnicamente ineccepibile, corredato da immagini accattivanti e da un testo fluido, ma se ciò che c’è scritto è in contrasto con ciò che ne dicono i clienti, la frittata è fatta. Oggi, si sa, molti utenti si basano, per la scelta della struttura dove prenotare, sulle recensioni on line (Tripadvisor in primis). A tale proposito, non solo è fondamentale che la reputazione on line sia positiva, ma è anche importante che le informazioni generate direttamente dagli utenti tramite le loro recensioni ed i loro pareri non siano in palese contrasto con quanto affermato dalla struttura. Se per esempio, nel sito si trova scritto che le camere godono di una spettacolare vista mare, ma su Tripadvisor gli utenti commentano che il mare non è altro che una sottile linea azzurra all’orizzonte, questo sarà un grave colpo per la nostra credibilità on line. Occorre quindi prestare molta attenzione affinché i contenuti generati da noi siano il più possibile omogenei con quelli generati dagli utenti.
Ovviamente il discorso su come rendere efficace il sito aziendale non finisce qui, anzi, può e deve comprendere molte altre tematiche. Che esploreremo nelle prossime newsletter.

Pinterest ed e-Commerce, un matrimonio che funziona


Vendere prodotti o servizi sul celebre social network dei desideri è possibile. Ecco alcuni spunti.
Pinterest, il social network dei desideri dove la gente pubblica e condivide immagini di ciò che gli piace, come prodotti, luoghi, mete di viaggio, è il social che più invoglia l’utente all’acquisto di beni e servizi (ne abbiamo già parlato qui e qui). Qui presentiamo alcuni spunti per fare social marketing efficace sul social dei pin.
Innanzitutto, occorre ricordare come Pinterest sia il social network che vanta la più alta percentuale di utenti donna, ben il 79%. Ed è inutile sottolineare come spesso siano proprio le donne le più intraprendenti nel cercare, scegliere e decidere la destinazione della prossima vacanza. Partendo da questa considerazione preliminare, la domanda da porsi è: quali strategie devo seguire per vendere soggiorni e vacanze via Pinterest?
Per prima cosa, occorre allestire, un po’ come per le campagne Facebook, una landing page a cui gli utenti che cliccano sulla nostra offerta vengono indirizzati. Qui, potranno inviarci una mail di richiesta informazioni, o prenotare direttamente la loro vacanza. Tipicamente, la landing page sarà una sezione del sito aziendale.
Una volta allestita la landing page occorre creare l’offerta da pubblicare su Pinterest. A riguardo è bene ricordare che anche qui, come in ogni campagnia di web marketing, occorre preoccuparsi del SEO (in questo caso, del Pinterest SEO): la nostra offerta dovrà essere il più possibile visibile tra le tante che affollano Pinterest, e per riuscirci dovrà contenere le corrette parole chiave, magari accompagnate dall’hastag (cancelletto), il simbolo che, posto davanti ad una parola, la fa diventare un argomento di discussione facilmente rintracciabile tramite il motore di ricerca interno del social network. Per nostra fortuna, per quanto in ascesa, Pinterest non è ancora affollato come Google o Facebook: con un’accurata scelta delle parole chiave, non è difficile ottenere elevata visibilità. Ovviamente, la scelta dei termini da utilizzare parte sempre da un’attenta profilazione del target di riferimento.
Fondamentale, poi coinvolgere emotivamente l’utente. E’ ciò che cercano le persone quando vanno su Pinterest: immagini coinvolgenti. Ecco che risulta allora fondamentale corredare la propria inserzione con un’immagine evocativa ed efficace (qui alcune riflessioni sulla forza evocativa delle immagini nel social media marketing).
Assolutamente da non dimenticare il prezzo: da recenti ricerche risulta che le immagini corredate di “cartellino” ottengano il 36% in più di like rispetto a quelle senza. Le immagini col prezzo, inoltre, vengono aggiunte in automatico alla sezione “Gifts”, che è esattamente ciò che noi vogliamo accada anche per la nostra offerta.
A questo punto la vostra inserzione è pronta. Non resta che pubblicarla, constatare il gradimento degli utenti, monitorare gli accessi alla landing page con Analytics e verificare se arrivano prenotazioni o meno.
Per finire, un ultimo consiglio: anche Pinterest, come tutti i social network, non è un luogo dove le persone vanno per essere bombardate di pubblicità. Chi lo fa viene immediatamente percepito come spam e bannato. Morale: bisogna assolutamente evitare di riempire le proprie board (bacheche) di offerte economiche. Una ogni tanto va bene, ma a predominare devono essere belle immagini della nostra struttura, prive di finalità commerciali.

lunedì 22 aprile 2013

Cibo e social: un abbinamento vincente


Diverse ricerche testimoniano il successo degli argomenti legati all’enogastronomia sui social network.
Parlare di cibo appassiona. Non è certo una novità, ed il successo di innumerevoli trasmissioni tv dove si cucina e si parla di cibo è lì a testimoniarlo. Ciò che ci interessa è la tendenza, confermata da un’indagine condotta da Reputazion Manager, secondo la quale l’argomento trova sempre maggior seguito anche nel web 2.0., dove i blog che parlano di fornelli e ricette sono in continua crescita, e guadagnano costantemente in popolarità.
Un paio di numeri: secondo la ricerca, sono 340 mila gli utenti italiani di Facebook che, ogni mese, seguono le pagine dei vari foodblogger. Di questi 340 mila, oltre 30 mila sono attivi quotidianamente con like e commenti ai post. Tra i contenuti che paiono riscuotere maggior successo, le immagini di piatti con descrizione della preparazione. Oltre che su Facebook, questo tipo di contenuti sembra incontrare i favori degli utenti anche su Pinterest, Instagram, Evernote Food, Vinix e Disharing. Gli ultimi 3 sono social network dedicati agli amanti della buona tavola, e vantano una comunità di fedeli in continua crescita.
Non solo: anche le più popolari trasmissioni tv che parlano di enogastronomia raggruppano community di migliaia di utenti che si scambiano opinioni sulle ultime puntate andate in onda. La celebre “Cotto e Mangiato”, per esempio, risulta essere tra i cinque programmi italiani con più fan su Facebook, mentre “Masterchef” è tra i trend topic di Twitter.
Tra le ultime tendenze che paiono prender quota, il cosiddetto “piatto social”: il ristorante propone ai propri fan, o follower, una serie di alternative, o ingredienti, tra cui scegliere, e l’opzione che ottiene maggior successo va a comporre il piatto social della settimana.
Moda? Tendenza passeggera? Qualunque sia la natura del fenomeno, risulta innegabile che l’argomento cibo e vino è tra quelli che più appassionano e fanno discutere gli appassionati. Essere “social” e condividere, far conoscere e commentare i propri piatti su un blog o su un social network pare essere sempre più una strada da percorrere per ristoranti, trattorie, agriturismo, wine bar.
Come sempre, chi è bravo emerge.

Facebook Ads: come renderle efficaci


Regole e consigli per ottenere il meglio da una campagna pubblicitaria su Facebook

Ne abbiamo già parlato qui : le Facebook Ads (campagne pubblicitarie) sono uno degli strumenti più efficaci per fare marketing su Facebook (sia per vendere prodotti e servizi, che per fare Brand Reputation), presso chi è già nostro fan, o presso chi non lo è ancora. Cerchiamo ora di approfondire il discorso (che è molto complesso).
Innanzitutto: come creare una campagna efficace? Il primo, fondamentale passo è la profilazione del target: a chi voglio rendere visibile il mio messaggio? Può apparire un passaggio scontato, ma Facebook ha creato a tale scopo uno strumento molto potente e raffinato, e non sempre è facile centrare il bersaglio. L’unico consiglio è provare e riprovare, solamente l’esperienza porta a migliorarsi. Soprattutto, non bisogna avere paura di restringere il campo aggiungendo parole chiave: una buona profilazione ne richiede spesso decine e crea quindi un target molto specifico (per zona, età, interessi).
Una volta ottimizzata la profilazione, occorre creare un annuncio efficace. A questo scopo, diventa cruciale la scelta del titolo. Innanzitutto, questo deve essere generato tenendo bene a mente il target di riferimento. In secondo luogo, alcuni accorgimenti possono renderlo più accattivante ed in grado di attirare l’attenzione. Per esempio, un titolo posto sotto forma di domanda, pare riscuotere maggior successo rispetto a uno simile formulato come un’affermazione. Idem se nella frase evidenziamo un problema (magari sotto forma di domanda) con relativa soluzione da noi proposta (espressa come esclamazione). Ancora, può essere utile utilizzare una call to action, per esempio “scopri”, “guarda”, o “clicca qui”, oppure ricorrere ad alcune parole chiave che stimolano in modo particolare il lettore, come “Ecco” o “Questo” o, neanche a dirlo, “Gratis”! Una leva molto potente è sempre realizzata dal principio di scarsità (es. “solo per i primi cinquanta utenti”, o “solo per i nostri fan”).
Infine, può venire in nostro aiuto anche il meccanismo che sta alla base del successo stesso di Facebook: la riprova sociale. Se un’inserzione pubblicitaria riporta il numero di like o di condivisioni ottenute, da un lato tranquillizza l’utente incerto sul fatto di cliccarla o meno, dall’altro lo spinge a scoprirla, se i numeri relativi alle interazioni sono lelevati, o se qualche suo amico ha a sua volta cliccato sull’inserzione.
Infine: la scelta dell’immagine. Innanzitutto, occorre ricordare queste possono avere al massimo dimensioni di 100x72 pixel (se eccedono questi parametri, Facebook le ridimensiona), e che quindi il formato è quello 16:9. Va da sé che l’immagine è l’elemento probabilmente più importante per la creazione di un’inserzione efficace: viste le dimensioni ridotte, sarà importante sceglierle chiare, semplici, con un numero ridotto di particolari, pertinenti all’oggetti dell’inserzione, meglio se contenenti volti umani (attirano l’attenzione). Le immagini possono poi contenere testo (massimo il 20% dello spazio, altrimenti Facebook non le accetta).
L’Importante è che titolo ed immagini siano chiari, e permettano all’utente di comprendere immediatamente cosa gli stiamo offrendo.
Per concludere: l’ultimo passaggio per la creazione di una campagna Facebook efficace è costituito dalla landing page, di cui abbiamo parlato qui.

lunedì 15 aprile 2013

La Newsletter: funziona o no? Ecco i parametri per scoprirlo

Alcuni punti chiave da tenere sotto controllo per sapere se le nostre comunicazioni giungono in maniera efficace ai clienti

La cara e vecchia Newsletter può essere ancora uno strumento utile (ne abbiamo parlato qui ). A patto, però, che non finisca direttamente nel cestino dei nostri clienti come lo spam, che venga aperta e letta, e che i destinatari le restino fedeli. Possono sembrare parametri banali e dettati dal semplice buon senso, ma la domanda è: siamo certi di conoscerli e di averli sotto controllo? Ecco alcuni dei parametri fondamentali da monitorare, solitamente contemplati dai principali software per la gestione e l’invio di newsletter.

1.    Spam  La nostra newsletter viene percepita come spam? Qual è la percentuale di destinatari il cui client di posta la cestina automaticamente? Si tratta chiaramente di un parametro fondamentale, migliorabile limitando il numero di link all’interno della Newsletter, ed evitando, per quanto possibile, alcune parole chiave (qui un esaustivo elenco in inglese).
2.    Open rate Si tratta di un altro parametro fondamentale: qual è la percentuale delle comunicazioni che viene aperta dai destinatari? Tenere sotto controllo l’andamento di questo parametro nel tempo consente, per esempio, di capire in quali giorni, o in quali ore del giorno, conviene inviare le nostre comunicazioni.
3.    Click Quanti destinatari hanno in qualche modo interagito con la newsletter, magari cliccando su uno dei link in essa contenuti? Si tratta di un altro parametro importante, perché permette di capire quante persone sono state realmente interessate dai contenuti proposti.
4.    Mail respinte  Le mail che tornano indietro indicano generalmente indirizzi errati, inesistenti o inutilizzati da tempo: conviene eliminarli dalla mailing list.
5.    Disiscrizione  Se notiamo che un certo numero di destinatari si sta disiscrivendo dalla mailing list, stiamo evidentemente sbagliando qualcosa. Occorre cercare di rivedere contenuti, tempi e frequenza di invio, target cui ci rivolgiamo, modalità in cui abbiamo raccolto gli indirizzi e mail.

Facebook ads: ecco perché funzionano

Uno studio condotto dal social network insieme a Datalogix descrive come e perché i banner pubblicitari influenzano gli utenti

“Perché dovrei fare pubblicità su Facebook? Io non clicco mai sui banner!”. E’ un commento che si sente spesso, quando si parla di social media marketing. La replica è altrettanto semplice: i banner pubblicitari su Facebook funzionano, e non conta che la gente ci cliccki sopra, è sufficiente che li visualizzi. Lo ha dimostrato uno studio condotto da Facebook stesso, in partnership con Datalogix, colosso statunitense del trattamento dei dati. Vediamo com’è andata.

Datalogix, per intenderci, è una di quelle agenzie a cui, per esempio, le catene di supermercati, consegnano i dati contenuti nelle fidelity card. Gli esperti dell’agenzia studiano le abitudini di acquisto dei consumatori al fine di migliorare le proposte commerciali delle aziende. Il tutto, ovviamente, avviene nel rispetto della privacy: chi analizza i dati non sa chi è il proprietario della fidelity card in questione.

Ma cosa c’entra Facebook? Il popolare social network ha stipulato un partnership con Datalogix, che prevede uno scambio, ed un incrocio, dei rispettivi database riguardanti abitudini e preferenze dei consumatori (sempre nel rispetto della loro privacy). Lo scopo dello studio è comprendere se comportamenti e acquisti degli utenti sono influenzati dalle campagne pubblicitarie su Facebook. Il meccanismo è piuttosto semplice, e lo riassumiamo con un esempio: Datalogix fornisce a Facebook i dati relativi all’acquisto, da parte degli utenti, di una certa marca di biscotti ai cereali. Nel frattempo, l’azienda che li produce avvia una campagna pubblicitaria su Facebook. A campagna ultimata, Datalogix invia un aggiornamento di dati a Facebook, permettendo un confronto sui numeri di acquisto dei biscotti prima e dopo la campagna pubblicitaria su Facebook. E in tutti i casi, lo studio ha evidenziato che le campagne pubblicitarie influenzano gli stili di vita degli utenti: nel nostro esempio, le vendite dei biscotti ai cereali sono aumentate. “Delle prime sessanta campagne che abbiamo esaminato, il 70 per cento aveva un ritorno sugli investimenti triplo o anche migliore. Questo significa che il 70 per cento degli inserzionisti ha raggiunto delle vendite tre volte superiori a quello che avevano speso per la pubblicità”, dichiara Sean Bruich, che si occupa degli standard per i formati pubblicitari di Facebook. Non solo: i risultati evidenziano anche la scarsa importanza dei click: “In media, se si considerano le persone che hanno visto una pubblicità su Facebook e poi hanno acquistato un prodotto, meno dell’1 per cento aveva cliccato sull’inserzione”, commenta Bruich.

Ma perché lo stesso meccanismo non funziona anche per Google? E’ la domanda che sorge spontanea. La risposta, anche in questo caso, è semplice: gli utenti fanno ricerche su Google quando hanno bisogno di qualcosa (domanda consapevole). Per esempio, quando vogliono fare una vacanza e cercano una struttura ricettiva in una certa zona. Spesso, il passo finale è rappresentato dall’acquisto on line (o dalla prenotazione). Ma le persone non vanno su Facebook per fare acquisti. Il social network è piuttosto il luogo ideale dove stimolare la domanda latente: se anche in quel momento l’utente non sta pensando alla sua prossima vacanza, e non conosce la nostra struttura, se in qualche modo riusciamo a raggiungerlo, potrebbe ricordarsi di noi quando penserà al suo prossimo viaggio.
In tutto questo, ottenere il “like” da parte sua alla nostra Pagina Fan è ovviamente l’obiettivo primario. Ma una campagna di brand reputation può avere effetti anche se non genera un elevato numero di click, purché il target di riferimento sia mirato e ben profilato. Unico problema: il ROI (Return of Investment) diventa difficilmente misurabile.

lunedì 8 aprile 2013

Come avere più retweet, ora la guida pratica

Un interessante progetto illustra cosa, come e quando twittare per avere successo
Chi frequenta Twitter lo sa bene: il retweet è l’anima del social network degli uccellini. Se un tweet viene ritwittato (condiviso) da molti altri utenti, regala grande visibilità e consente di guadagnare nuovi follower. Naturale quindi, per chi fa social media marketing su Twitter, cercare di essere ritwittato il più possibile.
Bene, ma come fare? Naturalmente non esiste una guida esaustiva, né sarebbe possibile stilarla (abbiamo già parlato di Twitter qui). Il Social dei cinguettii è un’ambiente estremamente selettivo e meritocratico: chi ha qualcosa di interessante da dire, ed è bravo a dirla, prima o poi emerge. Ciò premesso, esistono tuttavia dei piccoli accorgimenti che possono aiutare ad ottenere maggiore visibilità. retweetlab.com/ è un interessante progetto che cerca di capire cosa fare per massimizzare il numero di reweet. E i risultati dello studio sono, a volte, sorprendenti. Innanzitutto, quelli di Retweetlab si sono chiesti: quando conviene twittare? In questo caso, la risposta non si discosta molto dalle aspettative: il grafico mostra chiaramente un picco di retweet tra il venerdì e il sabato. Non dimentichiamo che il venerdì è il giorno dell’FF. Vuol dire Follow Friday e si tratta di un must tra gli utenti di Twitter: consiste nel consigliare ai propri follower utenti da seguire utilizzando, appunto, la sigla FF. Risultati abbastanza prevedibili anche per quanto riguarda l’ora della giornata in cui si ottengono, in media, più retweet: il picco, in questo caso, si registra tra le 7 e le 9 di sera. I risultati incominciano a farsi più interessanti quando si prende in considerazione la lunghezza dei tweet: si sa che Twitter impone il limite invalicabile dei 140 caratteri. Ma quale lunghezza assicura il maggior numero di retweet? I risultati mostrano una chiara preferenza per i tweet che si avvicinano al limite, con una punta attorno ai 130 caratteri: sintesì sì, ma comunicando contenuti, verrebbe da commentare.
Lo studio di retweetlab prosegue con altre grafiche interessanti. Spicca per interesse quella riguardante le parole che ottengono più retweet (la ricerca è stata ovviamente svolta in lingua inglese). Ai primi due posti, e con un netto distacco sugli altri risultati, si sono infatti classificati i termini Instagram e Pinterest: i due celebri social network delle immagini. Verrebbe quindi da pensare che anche su Twitter, una piattaforma che ha storicamente sempre privilegiato i contenuti testuali, le immagini stanno guadagnando importanza.
Interessante, poi, notare come i tweet con hastag (#) ottengono statisticamente più reweet di quelli senza, al pari dei tweet contenenti link. Soprendente, infine (o forse no?), le scarse performance ottenute dai tweet contenenti Calls-to-Action (tipico: please RT, cioè per favore, ritwittate), e da quelli con domande.
Insomma, se siete twittatori assidui, il lavoro di retweetlab può fornire spunti ed interessanti suggerimenti su come, quando e cosa scrivere per massimizzare i vostri sforzi. Non resta che applicarli e stare a vedere.

Monferrato: mappe cicloturistiche su smartphone

Un esempio di web marketing turistico per rilanciare il territorio
Nell’era della comunicazione, si sa, è tutta una questione di immagine. Riuscire a comunicare un’idea, una visione precisa di un brand, di un prodotto o di un territorio fa spesso la differenza tra l’avere successo o no. Il Monferrato, splendido territorio collinare del Piemonte meridionale, dalle notevoli potenzialità solo in parte sfruttate, ha sempre avuto questo problema: quali leve utilizzare per acquisire visibilità? Dove posizionarsi sul mercato? Certo, c’è l’enogastronomia. Ma da sola probabilmente non basta, e soprattutto non permette di differenziarsi dagli altri innumerevoli territori italiani che puntano sul mangiare e bere bene.
Da queste considerazioni nasce “Outdoor nel cuore del Piemonte”. Si tratta dell’individuazione di itinerari escursionistici adatti a ciclisti, amanti del trekking e delle passeggiate a cavallo, da tracciare su strade comunali asfaltate e campestri inghiaiate. Il progetto, nato su iniziativa dell’associazione turistica “La Valcerrina tra Colli e Castelli del Monferrato”, è stato illustrato da Maurizio Vellano: “l’idea è nata dalla riflessione che il territorio monferrino non è mai stato considerato come un’azienda: il prodotto Monferrato dà un’immagine di insufficiente offerta e competitività, inoltre manca una strategia di vendita e di promozione. Il nuovo indirizzo strategico è l’introduzione sul mercato di un prodotto specifico che caratterizzi l’offerta: i percorsi natura”.
E’ già stata individuata una serie di tracciati on e off road, dai più semplici a quelli adatti agli esperti. Gli itinerari verranno quindi inseriti su app per dispositivi Android e Apple, pubblicate sui rispettivi stores on line. Ai turisti non restarà che scaricare le app sui propri dispositivi mobili, ed utilizzare gli itinerari tramite il proprio gps. Oltre all’itinerario dell’escursione, saranno presenti sulla mappa anche le strutture ricettive per l’ospitalità, ed i punti di interesse culturale, storico o naturalistico. Un notevole plus garantito dalle app saranno poi le mappe on board: l’intera mappa del percorso sarà cioè scaricabile sul proprio dispositivo preventivamente, in modo da non necessitare di una connessione dati al momento dell’escursione, ma solamente di un segnale gps. Questa caratteristica costituisce un notevole vantaggio soprattutto agli occhi della clientela straniera, perché consente di evitare una costosa connessione dati in roaming.
Oltre alle app per gli stores on line, verrà poi realizzato un portale per la promozione degli itinerari. Lo stesso sarà oggetto di una mirata campagna SEO, al fine di garantirne un’adeguata visibilità presso i potenziali fruitori. Il secondo canale promozionale sarà infine costituito dal mondo dei Social Network (Fan Page Facebook, Twitter, You Tube, ecc), in particolare con adeguate campagne pubblicitarie su Facebook. La peculiarità di queste ultime risiede nella loro efficacia nell’intercettare la cosiddetta domanda latente (mentre Google, e le ricerche web classiche, intercettano quella consapevole, ovvero la domanda nel momento stesso in cui l’utente effettua una ricerca con le parole, per esempio, “Monferrato trekking”), ovvero il bacino di appassionati che sarebbero, appunto, potenzialmente interessati agli itinerari cicloturistici ed escursionistici in Monferrato, ma semplicemente ancora non sanno che esiste questo territorio.
Il progetto “Outdoor nel cuore del Piemonte”, quindi, intende sfruttare le leve del web marketing turistico per fornire un’identità precisa al territorio monferrino e per rilanciarlo in un ambito, quello del ecoturismo, che ha registrato uno dei più alti indici di crescita negli ultimi anni. Gli ingredienti per un case history di successo ci sono tutti, non resta che restare a vedere.

martedì 2 aprile 2013

Facebook: cos’è il PTAT è perché è importante

People Talking About This, in italiano tradotto con “persone che ne parlano”, si riferisce al numero totale di interazioni generate in una settimana dalla Pagina, ed è un importante parametro.
Se gestite una pagina Facebook, sicuramente l’avrete notata. E’ quella scritta un po’ sibillina che compare sotto all’immagine di copertina, a fianco del numero di fan, e che recita “N persone ne parlano”. Cosa vuol dire?
Diciamo subito che il PTAT (acronimo per l’inglese “People Talking About This”) è un indicatore molto importante del lavoro che stiamo svolgendo. Più è alto il PTAT, più il nostro social media marketing sta procedendo nella giusta direzione. Si tratta infatti di un parametro che misura l’efficacia delle nostre azioni, ovvero il coinvolgimento che una Pagina Fan è in grado di generare nelle persone che hanno cliccato mi piace.
Ma cosa misura, nel dettaglio, il PTAT? Prende in considerazione gli ultimi sette giorni, e misura, per questo periodo, una serie di attività, quali:
-    Nuovi mi piace alla Pagina (nuovi fan)
-    Mi Piace a singoli post (immagini, post di testo, video, sondaggi, condivisioni di eventi…)
-    Commenti ai post
-    Condivisioni di post
-    Commenti ad eventi creati e pubblicati dalla Pagina
-    Risposte a sondaggi creati dalla Pagina
-    Tag della Pagina in foto pubblicate dai suoi Fan
-    Menzioni della Pagina da parte dei suoi Fan
-    Check in effettuati dai Fan (per le Pagine Luogo)
Appare subito evidente che la somma di questi indici è un importante indicatore dell’efficacia delle nostre azioni di Social Media Marketing su Facebook.
Ovviamente, il PTAT va sempre commisurato al numero totale dei fan. Un risultato settimanale di, per esempio, 500, può sembrare altissimo, ma non esserlo affatto se in realtà la Pagina che lo ha ottenuto ha un milione di fan. Per avere un’idea più precisa dell’efficacia del nostro lavoro occorre quindi affinare i parametri, ed introdurre l’indice medio di user engagement. Si tratta dell’indicatore che calcola la percentuale di Fan (sul totale) che sono stati realmente coinvolti dai contenuti pubblicati sulla Pagina, e si calcola con questa semplice formula:

                                  PTAT
         ____________________________ x 100
                 N° di Fan della Pagina

L’indice medio di user engagement per le Pagine Fan si aggira attorno al 2%. Ora che avete la formuletta, potete calcolarlo per la vostra pagina e trarre le vostre conclusioni: se siete in media, o oltre il 2%, va tutto bene. Se siete nettamente sotto, evidentemente c’è qualcosa da sistemare.



Google Plus, cosa bolle in pentola?

Il Social Network del popolare motore di ricerca continua a generare poco traffico, ma recenti mosse fanno supporre che sarà sempre più importante per chi gestisce strutture turistiche.
“Ho voglia di stare un po’ da solo, me ne vado su Google Plus”, è una battuta che girava qualche tempo fa su Twitter. Il senso è palese: il social network di Google continua a non generare grandi numeri in termini di visite e di tempo di permanenza. Di conseguenza, molti continuano a snobbarlo anche per quanto riguarda il Social Media Marketing: se Google Plus è un posto deserto, perché dovrei investire tempo ed energie per creare e gestire una Pagina (anche su G+ è possibile creare Pagine aziendali)? E’ una domanda legittima che molti gestori di strutture turistiche si pongono. La risposta, però, non è così scontata come sembra.
Google, si sa, raramente sbaglia le proprie mosse. Ed una serie di indizi più o meno recenti suggeriscono che il gigante di Mountain View punta molto, per il futuro, sul proprio social network. E questo, ovviamente, riguarda molto da vicino chiunque faccia social marketing (anche e soprattutto turistico). Vediamone alcuni.
-    Ultimo indizio in ordine di tempo, ma non certo di importanza, è l’Hotel Finder (ne abbiamo parlato qui ). Come già detto a suo tempo, occorre pazientare per comprendere la reale portata del servizio, ma di certo si tratta di qualcosa di potenzialmente rivoluzionario.
-    La migrazione di massa, compiuta pochi mesi fa, dei vecchi Google Places nelle nuove Google+ Local Places, che in pratica integra i primi nel social network, incentivando in qualche modo le ricerche social (e tutta la recente strategia di Google pare muoversi in questa precisa direzione, come vedremo tra poco).
-    L’attenzione che Google pone nello sviluppo e nell’ottimizzazione delle Pagine Aziendali, che tecnicamente sono ottimi strumenti, dice molto su quanto a Mountain View credano nelle potenzialità del loro social network come strumento per fare social media marketing.
-    I diversi servizi offerti da Google (dal motore di ricerca, all’email, agli account Google) vanno via via muovendosi verso un’omologazione grafica ed ergonomica proprio a Google+.
-    Infine, come accennavamo, la social search: si tratta della possibilità di effettuare ricerche su Google, restringendo i risultati a quelli provenienti dalle proprie cerchie di amici su Google+. Si tratta di un approccio rivoluzionario (non a caso anche Facebook si sta muovendo in questa direzione, col suo nuovo Graph Search ) che fonda la propria efficacia sul concetto di riprova sociale, che sta alla base del funzionamento dei social network.
Questo video di presentazione dello stesso Google sulla social search è più chiaro di qualsiasi parola) 
 
 

e non a caso, come primo esempio di utilizzo utile ed interessante, gli uomini di Google hanno pensato a “pianificare un viaggio”. E hanno fatto esclamare all’omino seduto al pc, nel momento in cui trova un commento di un amico su un luogo che anche lui vorrebbe visitare: “Questa [informazione] è molto interessante per me!”.
Forse è davvero il caso che chi fa social marketing turistico presti attenzione a Google+.