venerdì 22 marzo 2013

Foursquare: gioco inutile o preziosa risorsa?


E’ il primo “Geosocial” per importanza. In Italia viene un po’ snobbato, ma siamo sicuri che non meriti la nostra attenzione?

I numeri parlano chiaro: oltre 20 milioni di utenti, più di 2 miliardi di check in, 750 mila aziende presenti. Si tratta di Foursquare, il “Geosocial” per antonomasia. Termini come mayorship, tips, venue, badge possono suonare strani a chi non lo usa, ma scatenano vere e proprie gare tra gli utenti affezionati, tanto da creare la figura dei SuperUser, che tra l’altro sono deputati alla corretta gestione della comunità ed al “mantenimento dell’ordine”.
Ma può valere la pena impegnarsi anche su Fousquare per la promozione della propria struttura (specie se gestiamo già una fan page su Facebook, una pagina su Google Plus, un account Twitter ed uno Pinterest)?. La risposta, ovviamente, è sì. Foursquare vanta, in Italia, una community di utenti non particolarmente numerosa ma appassionata: chi lo usa, lo fa in maniera assidua. Ed è solito, quando si trova in un posto nuovo, esplorare i dintorni alla ricerca di cose da vedere o locali da visitare proprio tramite Foursquare. E’ innegabile, ovviamente, che la presenza della propria struttura anche su questo social non possa che giovare alla visibilità on line. Soprattutto se possiamo vantare un buon numero di check in.
Vale a questo punto la pena spendere due parole a proposito del check in, ovvero del gesto che l’utente compie per comunicare il fatto di trovarsi in un determinato luogo. Gli utenti di Foursquare, come detto, trovano naturale farlo ogni qual volta si trovano in una struttura presente sul social network, e si tratta di un gesto virtuale dotato di una forte connotazione simbolica. Effettuare il check in in un hotel, un B&B, un agriturismo, un ristorante o una trattoria, equivale infatti a dire a tutti: ehi, in questo preciso momento mi trovo qui, e mi sto divertendo. Non male, come promozione. Simbolicamente, ancora più efficace del like su Facebook. E a proposito del social network in blu, occorre ricordare che è possibile collegare i due account, in modo che ogni check in su Foursquare sia visibile anche ai nostri amici sul social di Zuckerberg.
Vien da sé, a questo punto, che incentivare i check in con piccoli omaggi può essere un’ottima strategia di marketing: per esempio, offrire un drink al cliente che giunge al decimo check in, oppure al decimo membro di un gruppo di amici. La visibilità della nostra sttuttura ci guadagnerà, il nostro impegno nel gestire il tutto è tutto sommato modesto, e chissa che non ci si appassioni a Foursquare e non si entri in gara con gli altri utenti per diventare Major di una Venue.

Facebook ads, pro e contro


Con il calare della visibilità dei contenuti delle pagine fan, il ricorso alle campagne pubblicitarie è sempre più importante per raggiungere i propri fan.
Come ricorrervi in modo efficace?

Non è una novità: le pagine fan sono sempre meno visibili. Già dall’anno scorso, i contenuti pubblicati dalle pagine raggiungono una percentuale sempre inferiore di propri fan. E’ un effetto della saturazione dei contenuti: le persone cliccano mi piace e si connettono ad un numero sempre maggiore di pagine, e l’effetto è un’inflazione di post, che Facebook tiene sotto controllo limitandone la visibilità. Un po’ come tagliare la stessa torta in tante fette sempre più piccole. Si stima che, ad oggi, una fan page raggiunga in media il 16% dei propri fan per ogni singolo post (ne avevamo già parlato qui ).
Non resta che prendere atto di questa tendenza, e porsi una domanda: come fare per raggiungere più utenti?
Diciamo che è possibile farlo essenzialmente in due modi: uno gratis ed uno a pagamento.
Il primo consiste nel creare un contatto esterno a Facebook con i nostri fan o clienti. La cara vecchia newsletter (http://bit.ly/ZIldMJ ) resta per esempio uno strumento molto utile per mantenere un contatto, purché sia gestita in maniera oculata. Anche avere un proprio blog (http://bit.ly/YbnPaw ) può essere un ottimo modo, per quanto impegnativo, di comunicare, soprattutto se si hanno contenuti interessanti da condividere. In entrambi i casi, inoltre, si tratta di strumenti di nostra diretta proprietà. E’ bene infatti non dimenticare che su Facebook siamo ospiti: in qualsiasi momento, in seguito ad un errore, ad un problema tecnico, ad una segnalazione od altro, la nostra Fan Page potrebbe andare incontro alla perdita dei contenuti, o venire chiusa; con la conseguente perdita di tutto il patrimonio di like ed interazioni che avevamo faticosamente conquistato nel tempo. Disporre quindi, oltre alla Fan Page, di strumenti esterni a Facebook risulta sempre una soluzione apprezzabile, e non solo per ottenere maggiore visibilità
Il secondo modo per aumentare la visibilità della propria fan page è costituito, come dicevamo, dalle inserzioni a pagamento. Si tratta di uno strumento molto potente e sempre più raffinato: impossibile riassumerne nei dettagli il funzionamento in un singolo post (infatti ci torneremo nel prossimo futuro). In questa puntata ci limiteremo a parlare di un fenomeno legato alle inserzioni, ed in particolare al loro proliferare: la saturazione del target.
E’ facilmente riscontrabile da chiunque abbia fatto campagne su Facebook il fenomeno per il quale una campagna diventa meno efficace (e quindi costosa) dopo un certo, limitato, numero di giorni. La spiegazione, denominata appunto saturazione del target, risiede nel fatto che gli utenti potenzialmente interessati dalla nostra inserzione tendono a notarla subito, appena compare. Di conseguenza, la cliccano immediatamente, o quasi. Dopo un certo numero di visualizzazioni, chi non ha ancora cliccato sul riquadro della nostra ads, sempre più difficilmente lo farà: semplicemente, l’inserzione diventa “invisibile” agli occhi dei potenziali clienti, non cattura più l’attenzione.
Cosa è possibile fare per ovviare a questo inconveniente? Innanzitutto, si può pensare di sospendere momentaneamente la campagna, per farla ricomparire dopo un po’ di tempo. Nel frattempo, è possibile che gli utenti si siano “disabituati” alla sua vista, e che tornino a notarla e a cliccarci quando la vedranno di nuovo. Oppure, si può pensare di modificare il titolo o l’immagine dell’inserzione stessa, al fine di rinfrescarne l’aspetto e renderla nuovamente attraente. Un po’ come i restyling di metà carriera per le auto. Infine, si può sempre intervenire sul target di destinazione, modificando la profilazione degli utenti a cui la campagna è destinata (ed è proprio questa la fase più delicata ma cruciale per rendere la campagna stessa efficace). Ovviamente, le tre tipologie di intervento possono essere compiute in contemporanea. In ogni caso, è fondamentale l’utilizzo di Insight per monitorare l’andamento della campagna ed il relativo ROI (Return of Investment).
Come detto, il tema delle Facebook Ads è estremamente vasto ed articolato. Torneremo a parlarne nel prossimo futuro.

lunedì 18 marzo 2013

Analisi della domanda: come usare Adwords


Lo strumento per pianificare le campagne pubblicitarie su Google può essere un ottimo alleato di analisi, attraverso il Keyword Tool

Analisi della domanda, questa sconosciuta. E’ indicata come il primo, fondamentale passo da compiere all’interno di un piano di marketing strategico, ma spesso viene ignorata. Anche da chi muove i primi passi nel mondo del Social Media Marketing. Dove, prima ancora di mettersi a parlare, sarebbe cruciale stare ad ascoltare, per un po’ di tempo, cosa dicono e come parlano i clienti, o potenziali tali: conoscere le parole chiave utilizzate da chi è interessato (o potrebbe esserlo) ai nostri prodotti e servizi, dovrebbe essere il primo passo per capire come parlare e cosa dire per cercare di intercettare la domanda.
E pensare che, come spesso accade, il web mette a disposizione di tutti strumenti gratuiti e molto raffinati. Nel caso dell’analisi della domanda, viene in nostro aiuto lo Strumento per le Parole Chiave (Keyword Tool) all’interno di Google Adwords. Già, perché se Adwords è la scatola degli attrezzi per pianificare, creare e gestire le campagne pubblicitarie su Google, diversi strumenti all’interno della scatola possono essere utilizzati (appunto, gratis) anche per fare della “semplice” analisi della domanda. Tra questi, appunto, lo Strumento per le Parole Chiave.
Dall’home page di Google Adwords (è necessario avere un account gmail per accedervi), lo si trova cliccando sulla barra verde in alto, alla voce Strumenti e Analisi. Dal menu a tendina cliccare quindi su Strumento per le Parole Chiave. A questo punto, nel box “parola o frase” è possibile inserire la o le parole per le quali si desidera conoscere le statistiche di ricerca su Google, per esempio Agriturismo Trapani. Nella griglia dei risultati conseguente la ricerca, la prima striscia riguarda proprio le statistiche sulle parole chiave che abbiamo ricercato: ricerche mensili globali si riferisce alle ricerche da tutto il mondo, locali dalla sola Italia. Viene quindi mostrato un CPC approssimativo, stimato per le parole chiave in questione. La serie di parole chiave che segue è un’indicazione delle ricerche che, secondo Google, gli stessi utenti potrebbero digitate in alternativa a quella da noi analizzata. Da notare che l’ultima opzione a destra per ogni riga (Altri risultati simili) rimanda ad ulteriori chiavi di ricerca alternative, ognuna con la sua statistica.
Se si clicca su una chiave di ricerca, infine, si apre un ulteriore menu a tendina da cui è possibile effettuare una ricerca con Google per quelle parole chiave, ed accedere (Google Insight for Search) ad un ulteriore pagina di statistiche. Qui sono mostrati un grafico con l’andamento annuale, mese per mese, delle statistiche di ricerca per quelle parole chiave, e la provenienza geografica delle ricerche stesse.
Da notare come, cliccando su Altri risultati simili, le ricerche alternative suggerite da Google siano spesso più dettagliate (ovvero contengano più parole: per esempio Agriturismo Trapani Piscina Cous Cous). Si tratta delle cosiddette code lunghe, ovvero frasi contenenti un numero maggiore di parole chiave, dovute al fatto che gli utenti tendono ad effettuare ricerche sempre più dettagliate e raffinate.
Dalla voce Opzioni avanzate e filtri, visibile nella parte superiore della schermata, è inoltre possibile accedere ad una serie di ulteriori opportunità per affinare la ricerca: per aree geografiche, per lingua utilizzata, per tipo di dispositivo (per esempio, PC o dispositivi mobili). Dal menu a sinistra, infine, è possibile personalizzare il tipo di ricerca includendo o escludendo alcuni termini, oppure selezionando un tipo di corrispondenza tra query e risultati (esatta, estesa o a frase: passare il puntatore del mouse sul punto interrogativo per una descrizione dettagliata).
In conclusione, è evidente come questo breve articolo non voglia né possa costituire una trattazione esaustiva ed esauriente dell’argomento, che richiederebbe, per la propria complessità, approfondimenti ben superiori. E’ però un invito a testare le funzionalità dello Strumento per le parole chiave e a “giocarci”: i nostri docenti Eguides constatano come i gestori di strutture siano spesso all’oscuro dell’esistenza di uno strumento molto utile e gratuito come il KeyWord Tool, e della sua utilità durante la cruciale fase di analisi della domanda. Ricordando che stare ad ascoltare è sempre il primo, fondamentale passo per sapere cosa dire.

Il Blog: strumento utile o insostenibile?


Aprire e gestire un blog non è semplice, richiede tempo ed energie, ma può essere un ottimo strumento di marketing per la propria struttura. Vediamo pro e contro.

E se aprissi un blog? E’ una domanda che si pongono in molti, anche tra i gestori o proprietari di strutture turistiche. L’idea appare stimolante, ma l’impegno ed il tempo necessari per gestirlo rappresentano spesso un freno. Se da un lato disporre di uno spazio tutto proprio dove pubblicare contenuti riguardanti la propria attività rappresenta probabilmente il massimo dal punto di vista della comunicazione, dall’altro le energie richieste per la creazione di contenuti sempre nuovi, originali e stimolanti, rendono questo strumento non facilmente sostenibile per chi ha mille altre incombenze quotidiane. A tutto questo va poi aggiunta la necessità di trovare un pubblico disposto a seguirci: non sono pochi i casi di blog di qualità, chiusi dopo poco tempo per l’assenza di lettori. Come e dove trovare questi ultimi?
Cerchiamo di fare chiarezza e procediamo con ordine. Innanzitutto, un blog ben fatto e ricco di contenuti di qualità è una manna dal cielo per la nostra struttura. Per una serie di motivi: affiancato al sito aziendale, salva quest’ultimo dalla staticità e fornisce contenuti sempre nuovi, tanto cari ai motori di ricerca e rilevanti per il SEO; aiuta a coinvolgere i clienti nelle discussioni, stimolandone la fidelizzazione; convoglia traffico da utenti che non conoscono la struttura, e che potrebbero in seguito diventarne nuovi clienti; Infine, piattaforme come WordPress o Blogger hanno da tempo reso più semplici anche ai non addetti ai lavori la creazione e la gestione tecnica.
Chiarito che un blog può essere una risorsa preziosa per la nostra attività, occorre con altrettanta fermezza sottolineare che la sua gestione non è per nulla semplice. Innanzitutto, prima ancora di imbarcarsi nell’avventura, bisogna porsi alcune domande: quanto tempo ho per gestire il blog? E se ho tempo a sufficienza, sono portato per la comunicazione scritta? Questo è un dettaglio non irrilevante: a parità di contenuti, uno stile per lo meno chiaro e scorrevole fa la differenza, e non tutti sono portati per la scrittura. Nel caso, può essere utile individuare una figura professionale all’interno della struttura che, opportunamente formata, proceda con la stesura dei testi, magari dietro suggerimento degli argomenti da trattare.
Altra domanda cruciale: ho argomenti sempre nuovi, originali ed interessanti di cui parlare? Le persone seguono i blog interessanti, e scrivere cose interessanti non è affatto semplice. Sulle prime può essere utile trarre ispirazione da altri blog, ricalcarne in qualche modo il percorso, ma alla lunga diventa fondamentale essere originali: il blog deve riflettere l’unicità della struttura cui fa riferimento. Una buona soluzione può essere quella di raccontare i dietro le quinte, la creazione delle ricette, le storie delle persone che lavorano nella struttura (a proposito, abbiamo parlato di storytelling).
Inoltre: ogni quanto tempo penso di pubblicare un nuovo pezzo? Si tratta di un quesito su cui è fondamentale fare chiarezza il prima possibile. Se da un lato non è infatti indispensabile avere qualcosa di nuovo da dire ogni giorno, è altrettanto vero che è importante pubblicare con cadenze il più possibile regolari. L’ideale è uscire con le novità sempre lo stesso giorno della settimana, in modo che chi ci segue sappia quando aspettarsi qualcosa. Due volte al mese può andar bene, purché si esca con regolarità.
Ancora: ho gli strumenti per l’invio di una newsletter? Si tratta di uno strumento indispensabile da affiancare al blog, per informare i nostri clienti e chi ci legge che siamo usciti con un nuovo pezzo. Ecco allora che diventa fondamentale creare e gestire una newsletter che funzioni. Ne abbiamo parlato qui.
Altra questione rilevante: ho molti clienti stranieri? Se la risposta è sì, la gestione del blog potrebbe complicarsi. Diventa infatti evidente che non posso raggiungere la clientela straniera scrivendo in italiano. Ecco che affiancare ai contenuti scritti in lingua madre la traduzione almeno in inglese diventa indispensabile.
Infine, la domanda più importante di tutte: come e dove trovo i lettori? Come detto, la mancanza di pubblico è tra le prime cause di abbandono dei blog. Invitare i clienti e, in generale, i nostri contatti tramite la newsletter costituisce senz’altro un primo passo fondamentale, ma non può bastare. Il blog va promosso, né più né meno del sito, della pagina fan su Facebook, del canale Twitter o Google+ o Pinterest. E proprio i social network costituiscono uno dei canali più importanti per far conoscere un blog. A patto, come sempre, di non esagerare: se la nostra presenza su Facebook o Twitter si limita alla pubblicazione di link che rimandano al nostro blog, è probabile che chi ci segue ci percepisca dopo poco tempo come generatori di spam, con un prevedibile e catastrofico effetto boomerang.
Insomma, come si può facilmente comprendere, la creazione di un pubblico di lettori fedeli è operazione tutt’altro che semplice, e soprattutto lunga e faticosa. Richiede diversi mesi (o anni) e di fatto non finisce mai. Un po’ come la promozione dei canali social, del resto. Ma se si avrà costanza (e contenuti di qualità) le soddisfazioni e i risultati prima o poi arriveranno. E con essi, arriveranno anche i tanto attesi commenti da parte dei lettori, che movimenteranno finalmente il nostro blog. A quel punto, ovviamente, ai commenti occorrerà rispondere in maniera tempestiva e puntuale. Ulteriore dispendio di tempo ed energie? Come si usa dire: chi ha voluto la bicicletta…

venerdì 8 marzo 2013

Google dichiara guerra alle false recensioni


Dopo il lancio delle nuove pagine Google + Local, il gigante di Mountain View specifica la sua nuova, rigida politica in tema di recensioni.

I toni sono decisi, quasi minacciosi. E ad una prima lettura appare subito chiaro: quelli di Google non scherzano. Si tratta di un post apparso poco tempo fa sul forum ufficiale di Google Plus, nel quale l’azienda specifica le nuove linee guida in termini di recensioni.
La svolta del gigante di Mountain View è collegata alla promozione che il popolare motore di ricerca sta riservando alle pagine Google + Local, che hanno sostituito lo scorso anno i vecchi Google Places. Larry Page e soci sono ben consapevoli dell’importanza delle recensioni nel web 2.0, ma sanno altrettanto bene che c’è un problema: quello delle recensioni false (ne abbiamo parlato qui ). Affinché il sistema sia credibile, quindi, è stato affinato un nuovo algoritmo, decisamente più selettivo di quello precedente, al fine di dare la caccia alle recensioni in odor di truffa. Il giro di vite, a sentire il team di sviluppatori, è netto: “Qualche volta i nostri algoritmi potrebbero flaggare e rimuovere anche recensioni legittime nello sforzo di combattere qualsiasi abuso. Sappiamo che è frustrante quando accade ma crediamo che dopo tutto, queste misure siano di aiuto a tutti.”
Le linee guida si rivolgono sia agli utenti che alle strutture. Vediamo le principali:

- Quelli di Google raccomandano innanzitutto chi è impiegato in una struttura di non scrivere recensioni per il proprio datore di lavoro.
- Stop alle agenzie che offrono servizi di false recensioni a pagamento. E’ una tendenza in aumento: aziende che si offrono, dietro compenso, di pubblicare una serie di recensioni positive al fine di migliorare la brand reputation. Si tratta chiaramente di una pratica non corretta, che il nuovo algoritmo di Google intende scovare ed eliminare.
- Google invita i gestori a rispondere alle recensioni negative, per cercare di risolvere le eventuali problematiche fatte emergere dal cliente.
- Se qualche agenzia promette, dietro compenso, di rimuovere le recensioni negative, non credetegli: è semplicemente impossibile. Solo noi di Google, ci dicono da Mountain View, possiamo decidere di non pubblicare o rimuovere una recensione, e lo facciamo unicamente se questa viola le linee guida o le leggi vigenti.
- Non fornite ai vostri clienti postazioni on line o tablet in loco, con cui scrivere recensioni. A differenza di Tripadvisor, Google scoraggia le recensioni da parte dei clienti quindi questi si trovano ancora all’interno della struttura. Piuttosto, aggiunge, considerate la possibilità di inviare successivamente loro un’e mail con la quale li invitate a lasciare una recensione.
- “Ricordate: noi non permettiamo che si forniscano ai clienti omaggi o sconti affinché essi lascino una recensione (positiva)”. Qui il testo è molto chiaro.
- Se una struttura dispone di un libro degli ospiti cartaceo con molte recensioni positive, potrebbe assere tentata di digitalizzarle e pubblicarle. Google scoraggia questa pratica e specifica di volere soltanto recensioni di “prima mano”.

Insomma, nelle intenzioni di Google la nuova politica nei confronti delle recensioni è decisamente rigida, tanto da destare più di qualche perplessità. Non resta che stare a vedere per scoprire se il nuovo algoritmo funzionerà, come si augurano Larry Page e i suoi.

Saper raccontare storie: lo storytelling



Saper emozionare e coinvolgere i clienti con storie e immagini. Sembra questa la nuova frontiera del marketing “emozionale”. Facciamo un breve viaggio alla scoperta dell’”Arte di raccontare storie”.

Storytelling, l’arte di raccontare una storia, ovvero di condividere informazioni tramite un racconto. Che sia, possibilmente, divertente, coinvolgente ed emozionante. Può sembrare banale, ma non lo è affatto.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a più di una rivoluzione nel modo di fare marketing (non solo turistico) da parte delle aziende. Dalla diffusione di Internet, all’avvento del web 2.0 e dei social, fino alla rivoluzione mobile. Tutto questo ha comportato un continuo, vertiginoso aumento del numero di informazioni a cui i clienti, o potenziali tali, sono sottoposti. Un vero e proprio bombardamento mediatico multicanale che da un lato ha reso gli utenti più critici, maturi e selettivi, dall’altro ha però complicato il compito di chi deve comunicare un messaggio al pubblico: la gente è satura di contenuti commerciali, ed è sempre più arduo catturare l’attenzione delle persone. Lo sanno bene i pubblicitari, che da anni sono impegnati a inventarsi tecniche nuove ed accattivanti per catturare l’attenzione delle persone. Ma l’arte di comunicare in modo innovativo ed efficace affinché un messaggio arrivi al pubblico è fondamentale anche per una piccola struttura ricettiva: può davvero fare la differenza, permettere di distinguersi nell’oceano di informazioni quotidiane e far sì che il pubblico si ricordi di noi.
Il punto fondamentale è che le storie catturano l’attenzione, perché permettono all’ascoltatore di immedesimarsi ed identificarsi nella narrazione. Non solo: chi si pone all’ascolto di un racconto, crea una serie di immagini mentali per visualizzare la storia, e noi conosciamo bene la potenza comunicativa delle immagini, anche se “virtuali”: le immagini si fissano nella memoria e vengono ricordate più facilmente rispetto ad altre tipologie di informazioni. Un altro notevole vantaggio del racconto è che tende a semplificare concetti e nozioni complesse, rendendone più facile l’apprendimento da parte dell’uditore.
Il racconto, inoltre, trasmette emozioni, che sono una delle leve più potenti per una strategie comunciativa efficace.
Ma quali sono le storie da raccontare? Innanzitutto, chiunque ha una propria storia, e lo stesso vale per la nostra struttura, i nostri prodotti, i nostri servizi. Raccontare il modo in cui è nato il nostro hotel, il nostro B&B, il nostro agriturismo o ristorante può essere un modo per coinvolgere i clienti. Lo stesso vale per il territorio e la gente che lo abita: narrare le abitudini, gli stili di vita, le storie dei nonni e dei bisnonni genera spesso momenti di suggestione in chi ascolta. Lo stesso vale per le leggende e le favole del posto, molto spesso una miniera inesauribile (e sconosciuta) di storie: un vero e proprio tesoro nascosto che attende solo di venire riscoperto ed utilizzato. Un’altra preziosa risorsa è poi costituita dai “dietro le quinte”: le persone amano ascoltare aneddoti e curiosità su ciò che accade dietro il sipario ufficiale della nostra attività. Il modo in cui è nato un piatto, ciò che accade in cucina, i momenti di vita quotidiana di chi lavora nella nostra struttura costituiscono spesso racconti spassori e divertenti.
Ma quando e dove utilizzare lo storytelling? Sicuramente preparare uno o più video da pubblicare sul sito aziendale, o sui canali social, può essere utile, anche se probabilmente le piccole strutture possono trovare impegnativo uno strumento del genere. Ecco allora che lo storytelling più interessante, ed importante, diventa quello off line: direttamente con il cliente, in struttura, durante il soggiorno. Fatto direttamente dal proprietario o gestore: trovate un momento, un ambito particolare per raccontare la vostra storia ai clienti, e per instaurare un rapporto con loro. Una visita guidata alla struttura, ai vigneti o agli uliveti, alle cantine; una degustazione di vini o prodotti, un aperitivo: molte occasioni possono diventare momenti ideali per raccontare ai clienti la nostra storia. Oltre all’efficacia del racconto, potremo contare sul fatto di aver instaurato un rapporto diretto e più stretto con la clientela, che non si dimenticherà facilmente di quel momento, di noi, del nostro lavoro e della nostra struttura.
Infine, perché non ribaltare i ruoli e chiedere al cliente che sia lui a diventare il narratore: “raccontaci la tua storia” può essere un modo simpatico, nuovo e innovativo di chiedere una recensione a chi è stato nella nostra struttura. Se saremo stati bravi a raccontare la nostra, di storia, sarà sicuramente disposto a darci qualcosa in cambio.

venerdì 1 marzo 2013

Sito mobile o App?


Con l’aumento del traffico da dispositivi mobile, cresce il bisogno di strumenti adatti ad intercettare la domanda proveniente dalla relativa utenza. Ma qual è lo strumento migliore per una struttura turistica?
Mobile: è boom. Capita sempre più spesso di leggere titoli che sottolineano l’enorme sviluppo del mondo mobile: le vendite di smartphone e tablet sono in continua crescita, e gli accessi al web dai dispositivi con sim incorporata hanno ormai superato per numero quelli da pc. Il guaio è che il sito tradizionale è quasi sempre inadatto ad essere visualizzato da questi device (soprattutto dagli smartphone). Naturale, quindi, che i gestori di strutture turistiche si interroghino su quale sia la soluzione migliore per essere facilmente raggiungibili anche dagli utenti che effettuano ricerche web da mobile.
Se la diatriba, da tempo, riguarda la scelta tra sito mobile e app (ne abbiamo parlato qui), gli sviluppi più recenti (nonché la congiuntura economica, che rende l’aspetto dei costi particolarmente rilevante) suggeriscono alcune considerazioni.
Le prime realizzazioni dei siti mobile non erano altro, spesso, che versioni “stirate ed allungate” del sito web. Certamente più economiche delle app, ma non altrettanto raffinate. Oggi, al contrario, tutta una serie di strumenti ha portato i siti mobile ad avere potenzialità che li avvicinano, sotto l’aspetto della user experience e delle funzionalità interattive, ad una app. A ciò occorre poi aggiungere l’evoluzione dei motori di ricerca mobile based, che rendono sempre più efficace la realizzazione di un sito mobile dal punto di vista del SEO.
D’altro canto, gli utenti generalmente preferiscono utilizzare il browser di navigazione ed evitare di scaricare una app (che occupa spazio sul dispositivo). La realizzazione di una app, inoltre, comporta la sua pubblicazione sugli stores on line (come iTunes e Google Play), che ormai sono brulicanti di offerta: è sempre più difficile far notare la propria app nell’oceano di una concorrenza sempre più ampia. Inoltre, per garantire la migliore user experience, le app devono essere personalizzate per ogni sistema operativo (o almeno per iOs e Android), il che comporta un ulteriore aumenti dei costi. Costi cui concorrono in misura rilevante anche gli aggiornamenti periodici cui le app devono essere sottoposte, resi necessari dal rilascio di nuove versioni dei sistemi operativi. Per contro, c’è da dire che una app installata sul dispositivo può garantire una serie di funzionalità anche in assenza di connessione dati, vantaggio che ovviamente è precluso ai siti mobile. Questo aspetto assume particolare rilevanza quando si è all’estero: per evitare gli elevati costi di una connessione in roaming infatti, la maggior parte degli utenti in questo caso disattiva il segnale dati (e cerca una wi-fi gratuita).
In conclusione, la soluzione migliore per la singola struttura, dal punto di vista del rapporto costi-benefici, pare essere oggi quella rappresentata dal sito mobile. Purché sia ben realizzato, user friendly ed attento alle esigenze del Mobile SEO. Dal canto suo, la realizzazione di una app (magari in più versioni, ottimizzate per i diversi sistemi operativi) rappresenta una soluzione interessante per grandi strutture o, ancor di più, per gruppi di attori turistici, enti pubblici, consorzi che rappresentano un territorio e vogliono dotarsi di un potente strumento comune che li rappresenti. In questi casi, una app ben realizzata rappresenta un’ottima soluzione per chi ha deciso di “fare rete” ed agire in gruppo.

9 consigli su Facebook, da parte di Facebook

In un documento del 2011 recentemente rispolverato, il team del social in blu fornisce alcuni suggerimenti per una gestione efficace della Pagina Fan


Il social media marketing non è più una novità. E’ ormai qualche anno che molte aziende hanno intrapreso strategie di comunicazione sui social network, Facebook in primis. I risultati non sono sempre all’altezza delle aspettative, ed è per questo che con il tempo è nata la figura del consulente: un esperto di social che aiuta e consiglia nella gestione ottimale di una pagina fan: questo blog ne è un esempio.
Se per una volta, tuttavia, a dispensare consigli sono gli uomini di Facebook in carne ed ossa, vale sicuramente la pena leggere ciò che hanno da dirci: chi più di loro può sapere cosa davvero funziona, e cosa no, in una strategia di comunicazione attraverso una Pagina Fan? E’ ciò che è accaduto con la pubblicazione di queste dispense (qui in inglese), datate in realtà 2011 ma recentemente rispolverate: i consigli, come si può facilmente notare, sono assolutamente attuali. Vediamoli uno per uno.
1. Siate sintetici
Se Twitter ha fondato il proprio successo sul limite dei 140 caratteri, anche gli uomini di Facebook ci dicono che i post concisi sono i più efficaci. Studi statistici indicano che contenuti testuali che contengono al massimo 250 caratteri (meno di tre righe) ottengono il 60% in più di like, condizioni e commenti. Questi contenuti non necessitano inoltre di essere espansi per essere letti per intero (una regola aurea del web recita: meno click, maggiori risultati), e sono più fruibili e condivisibili.
2. Un’immagine vale più di cento (o mille) parole 
L’abbiamo sottolineato più volte (http://bit.ly/WtUSQD ), e questa volta ce lo dicono anche quelli di Facebook. I post con contenuti visuali (foto o video) ottengono dal 120 al 180% in più di popolarità rispetto a quelli solo testuali. Da non dimenticare la seconda regola fondamentale della comunicazione social: dimenticatevi le immagini patinate in stile brochure. Su Facebook funzionano immagini dinamiche, divertenti, i dietro le quinte, le foto dello staff. Siate creativi, siate originali.
3. Pubblicate contenuti con regolarità
Non esiste una regola universale circa la frequenza con cui conviene postare (qui abbiamo analizzato la questione). Ogni struttura si regola in base ad una serie di tentativi, ed alle esigenze della propria clientela. L’importante è fissare un obiettivo, e mantenerlo: due o tre post la settimana possono bastare, però non fateli mai mancare ai vostri fan. Evitate di eccedere e di spammare: l’effetto sarebbe quello di un boomerang.
4. Coinvolgete i vostri fan con domande
Un Social Network è, per definizione, un luogo dove la dimensione sociale è fondamentale. L’Interazione con i fan, lo scambio di pareri, battute ed opinioni non dovrebbe mai mancare in una Pagina Fan che funzioni. Cercate quindi di coinvolgere chi vi segue con domande, quiz, richieste di opinioni sul vostro operato. Di solito, chi vi segue è felice di darvi il suo parere. Potete anche utilizzare l’applicazione per creare sondaggi: di solito genera una buona partecipazione.
5. Provate i post “Fill in the blank”
Se i vostri fan apprezzano il fatto di essere interpellati, perché non provare a coinvolgerli anche con I post “da completare”? Ricerche di Facebook hanno stabilito che questa tipologia di contenuti riscuote il 90% di successo in più rispetto ad un post tradizionale. Un semplice esempio: se siete produttori di vino, invitate i vostri fan a completare il seguente post: “Stasera abbinerei un bicchiere del Rosso Superiore Riserva con un piatto di …”. Le risposte non tarderanno ad arrivare.
6. Create contenuti esclusivi riservati ai vostri Fan
Chi decide di cliccare like alla vostra pagina, gradisce l’idea di entrare a far parte di un club esclusivo e di ricevere le attenzioni e le coccole riservate ai vostri migliori clienti. Create contenuti esclusivi apposta per i vostri fan: sconti, promozioni, eventi dedicati fanno leva sul principio di scarsità e generano fidelizzazione. Provate anche con vantaggi speciali con scadenza a tempo.
7. Create ricompense per i vostri migliori fan
Generate concorsi, quiz, indovinelli, e ricompensate chi vince con vantaggi esclusivi. Tutto ciò aumenta la frequenza di interazione con i vostri fan e genera fidelizzazione.
8. Siate sul pezzo
Se non c’è nulla di più triste del menu di Capodanno ancora in bella vista quando ormai si avvicina Pasqua, essere attivi con contenuti d’attualità genera invece entusiasmo e popolarità. Create post che parlino del momento, dell’evento, della ricorrenza o della festività in corso.
9. Dite cose diverse a gente diversa
L’avvento dei post sponsorizzati ha acceso i riflettori sull’importanza di targettizzare i contenuti, ma in realtà porre attenzione a cosa raccontare a chi è sempre stato fondamentale. Se volete pubblicizzare il menu del pranzo di Pasquetta, probabilmente non ha molto senso farlo con i vostri fan statunitensi: difficilmente si sobbarcheranno un volo transoceanico solo per venire a pranzo da voi. In questo caso, conviene riservare la comunicazione ai fan che vivono in un raggio di un centinaio di chilometri dalla vostra struttura. Discorso inverso per un last minute riguardo ad un soggiorno di una settimana a luglio: in questo caso difficilmente il discorso potrà interessare a chi abita a pochi chilometri da voi, mentre i vostri fan statunitensi potrebbero essere molto sensibili all’argomento.